Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Giornata contro le mafie, il gran corteo di Padova

La padovana Marcadella: «Ho fiducia nello Stato». Oggi sfilerà con don Ciotti

- Polese

Ieri la veglia di preghiera, oggi il corteo in ricordo delle vittime di mafia. L’evento, a Padova. Parteciper­anno anche i familiari delle vittime venete. «Ricordare è un dovere».

” I colpevoli non furono mai presi. Lo uccisero per caso: la mafia è questo

Le famiglie delle vittime a Padova

Una grande giornata per ricordarle, attese migliaia di persone

Oggi Padova si sveglierà circondata da tanti volti giovani e da migliaia di bandiere di Libera e Avviso Pubblico. La città del Santo ospita per la prima volta la manifestaz­ione nazionale contro le mafie voluta da Luigi Ciotti, proprio qui, nel cuore del Veneto dove tre inchieste nell’ultimo anno hanno mostrato la radicata presenza di camorra e ‘ndrangheta. E tra le 20mila persone attese in città ci saranno anche i famigliari delle vittime innocenti di mafia, quelli caduti perché hanno avuto il coraggio di denunciare, o di combattere, o che si trovavano nel posto sbagliato al momento sbagliato.

I loro nomi verranno letti in Prato della Valle. Sfilerà Cristina Marcadella, sopravviss­uta 27 anni fa a una raffica di proiettili che le hanno ammazzato il fidanzato, Matteo Toffapo nin. Era il 3 maggio del 1992, l’anno delle stragi di Capaci e via d’amelio. Le indagini sul delitto Toffanin non arrivarono a nulla, se non all’ipotesi di una vendetta di alcuni mafiosi siciliani nei confronti di Marino Bonaldo, uno degli sgherri di Felice Maniero che aveva la macchina identica a quella di Matteo e che abitava proprio vicino a casa di Cristina alla Guizza. Fu un errore, per il quale nessuno pagò, tranne Matteo, che aveva solo 23 anni, e Cristina, che venne colpita alla gambe e tornò a camminare un anno dopo.

Ma Cristina guarda avanti: «Non ce l’ho con lo Stato, ho fiducia nel mio paese, che vedo nei volti dei ragazzi delle scuole dove vado a parlare di mafia, ci sono persone che a distanza di anni chiedono la riapertura dei loro casi, io per ora non ce la faccio, significhe­rebbe rimestare un cassetto di ricordi che ho cercato di mettere da parte per andare avanti con la mia vita. Subito dopo la tragedia ero impegnata a riprenderm­i, solo do- ho capito che avevano chiuso le indagini senza trovare i colpevoli. È stata una delusione ma io sono qui, sono viva e devo dire ai ragazzi che quel giorno ero andata al mare con il mio fidanzato e che la sera la mafia me lo ha strappato via, per caso, per errore. La mafia è anche questa cosa qui». E se da un lato la speranza anima l’impegno di Cristina, dall’altro un velo di tristezza e malinconia copre gli occhi di Giuseppe Ferrari, cognato di Silvano Franzolin, carabinier­e di originario di Rovigo ucciso in un agguato dei Corleonesi che passò alla storia come «La strage della circonvall­azione» a Palermo. Il 16 giugno del 1982 Silvano aveva 41 anni, stava scortando il mafioso Alfio Ferlito nel carcere di Trapani. Fu una tempesta di proiettili. Morirono Franzolin, altri due carabinier­i, l’autista del blindato e Ferlito. A istruire il maxiproces­so in cui il clan guidato da Nitto Santapaola venne condannato furono Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Giustizia arrivò nel 2001. «Non credo in questo paese - dice il cognato Giuseppe, che vive a Cavarzere con la sorella di Silvano, Serena - ho 76 anni, ne ho viste tante, i killer sono stati condannati ma la mafia c’è ancora, servirebbe una lotta vera e profonda, ma non l’ha mai voluta fare nessuno». Il ricordo di quel giorno è ancora vivo nella memoria del cognato: «Abbiamo saputo della strage dalla television­e, siamo partiti in macchina e poi in aereo, a Palermo ci hanno confermato che Silvano era morto, ha lasciato la moglie e due bambini che all’epoca avevano 5 e 10 anni, che erano nati in Sicilia, lui voleva stare lì. Si era sposato con Gaetana, che abita a Enna, e ora fa la nonna. Il dolore di quella donna non si può raccontare». Oggi a Padova Giuseppe non ci sarà, «sono vecchio e malandato» dice. Ma ci saranno i familiari di Cristina Pavesi, trevigiana uccisa per errore a 22 anni dal tritolo della Mala del Brenta nel ‘90, e quelli di Don Cesare Boschin, anche lui vittima padovana di mafia, incapretta­to dalla camorra nel ’95 a Latina perché sapeva troppo di un traffico di rifiuti. Li accompagne­ranno i tanti che ancora credono che l’italia si possa riscattare e che grideranno forte «la mafia è una montagna di merda», come diceva Peppino Impastato.

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 ??  ?? La veglia per le vittime di mafia Ieri molti famigliari si sono riuniti nella Basilica del Santo e oggi sfileranno in corteo (Bergamasch­i)
La veglia per le vittime di mafia Ieri molti famigliari si sono riuniti nella Basilica del Santo e oggi sfileranno in corteo (Bergamasch­i)
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Insieme Cristina Marcadella e il fidanzato Matteo Toffanin. Lui fu ucciso in un agguato mafioso 27 anni fa: fu uno scambio di persona

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