Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Lo stop alla Ue e gli effetti sul crac delle banche venete

Baretta: «Danni enormi dallo stop al fondo interbanca­rio». I soci sperano negli indennizzi

- Nicoletti

E se il tentativo finale di salvataggi­o di

Bpvi e Veneto Banca, nel 2017, avesse potuto contare sul fondo interbanca­rio? «Avremmo avuto più margine per con (foto), allora sottosegre­tario all’economia del governo Gentiloni, riassume così gli effetti della sentenza Tercas sulla liquidazio­ne delle venete. La domanda è ovvia: come influisce la sentenza? Quella in cui la Corte di giustizia europea ha dato ragione all’italia, contro la decisione della Ue del 2015 di vietare, in quanto aiuto di Stato, l’intervento del Fondo interbanca­rio di tutela dei depositi nel salvataggi­o di Cassa Teramo, al fianco di Popolare Bari che l’avrebbe acquisita.

E se il tentativo finale di salvataggi­o di Popolare Vicenza e Veneto Banca, nella primavera 2017, avesse potuto contare sul fondo interbanca­rio? «Avremmo avuto più margine per convincere banche o privati ad intervenir­e. Ma fu comunque decisiva l’assenza totale dei privati». Pier Paolo Baretta, allora sottosegre­tario all’economia del governo Gentiloni, riassume così gli effetti della sentenza Tercas sulla liquidazio­ne delle venete. La domanda è ovvia: come pesa la clamorosa sentenza di martedì? Quella in cui la Corte di giustizia europea ha dato ragione all’italia, contro la decisione della Commission­e Ue del 2015 di vietare, in quanto aiuto di Stato, l’intervento del fondo interbanca­rio di tutela dei depositi nel salvataggi­o di Cassa Teramo, al fianco di Popolare Bari che l’avrebbe acquisita?

L’operazione poi si fece, creando il braccio volontario del fondo, schema formalment­e privato per aggirare l’ostacolo, che avrà il suo culmine in Atlante, che tapperà con 2,5 miliardi la falla degli aumenti di capitale falliti di Bpvi e Veneto Banca. Ma nel frattempo, a fine 2015, senza fondo, il governo Renzi risolve Etruria, Ferrara, Marche e Chieti, azzerando azioni ed obbligazio­ni, prima che entri in vigore il bail-in.

Il conto è pesantissi­mo per il sistema bancario. Senza reti di salvataggi­o i valori delle banche crollano e gli investitor­i fuggono, al pari dei correntist­i dalle banche più fragili, come succede alle due venete. «La posizione Ue fu eccessiva e fece non pochi danni - dice ora Baretta -. Non a caso fu il Tesoro a ricorrere alla Corte di giustizia».

Ma se il primo effetto del caso Tercas è costruire un ambiente impossibil­e per i salvataggi, il secondo potrebbe esser diretto per le venete. L’orologio va tirato avanti di due anni, primavera 2017. L’anno prima il fondo Atlante ha salvato le due venete da due aumenti di capitale falliti ordinati da Bce nel momento più sfavorevol­e. Ma in autunno i soldi già scarseggia­no e per il rilancio Atlante attrezza la fusione tra Vicenza e Montebellu­na. Servono però miliardi di aumento di capitale. Atlante ne mette uno, l’ultimo rimasto in cassa. Si tenta la ricapitali­zzazione con i soldi dello Stato. Ma la Ue boccia il piano industrial­e della fusione. E chiede comunque che una parte dei fondi arrivino dai privati.

E se ci fosse stato il fondo interbanca­rio? Avrebbe potuto chiudere il cerchio, pur con fondi ormai esauriti? «Forse avremmo potuto aumentare la pressione per far intervenir­e privati o banche - dice Baretta -. Ma fu decisiva la mancanza di una presenza privata, come ci fu su Mps, pur in minoranza, con le Generali».

L’altra obiezione è la scelta dei vertici delle due banche di insistere sulla fusione Vicenza-montebellu­na che l’europa non vuole. Era meglio andare con piani separati, arrivando anche a sacrificar­e una delle due venete, come in sostanza chiesto dall’ue, e far bastare i fondi a disposizio­ne per ricapitali­zzarne e salvarne una? «Il prezzo da pagare era il fallimento di una delle due - mette in chiaro Baretta -. Io ero favorevole alla fusione, perché avrebbe aumentato la taglia della banca risultante rendendola sistemica, come Mps». E quindi rendendo più difficile soluzioni estreme. «Ma il prezzo da pagare - ricorda Baretta - con la rinuncia alla fusione e al salvataggi­o di entrambe sarebbe stato il primo bail-in in Italia». Come Etruria: «Molto peggio - aggiunge l’ex sottosegre­tario - con Etruria le regole non erano ancora complete. Il governo escluse lo scenario. L’impression­e è che l’ue lo cercasse. Ma non era accettabil­e l’esperiment­o sul corpo vivo dell’economia del Veneto». Insomma, no a un bis aggravato di Etruria; e il governo che sceglie piuttosto di salvare il salvabile con la soluzione Intesa.

La terza questione per le venete, sul caso Tercas, riguarda i rimborsi ai risparmiat­ori con il fondo di indennizzo, ancora bloccato di fronte all’attesa da parte del ministro dell’economia, Giovanni Tria, del via libera Ue al decreto attuativo. Può la sentenza Tercas pesare a favore dello sblocco? «La sentenza rifissa i principi che rendono di Stato gli aiuti; e i rimborsi ne sono fuori - sostiene Andrea Arman, del coordiname­nto don Torta -. L’esito può restituire coraggio ai politici italiani e togliere forza a certa burocrazia». Per parte sua «Noi che credevamo nella Bpvi» ha chiesto proprio al commissari­o Ue alla concorrenz­a, Margrethe Vestager un incontro dopo la sentenza. La risposta è attesa entro domani: «Doverosa a questo punto una spiegazion­e alle vittime da parte dell’organo che ha sbagliato - sostiene Luigi Ugone -. Se il governo italiano sbaglia paga il conto alle elezioni. E in questo caso, invece?».

 ??  ??
 ??  ?? Estate rovente Pier Paolo Baretta, a destra, e Andrea Arman nell’estate del 2017, subito dopo la liquidazio­ne di Popolare di Vicenza e Veneto Banca
Estate rovente Pier Paolo Baretta, a destra, e Andrea Arman nell’estate del 2017, subito dopo la liquidazio­ne di Popolare di Vicenza e Veneto Banca

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy