Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Bandiere, prof e studenti «Non abbiamo paura»
IL POPOLO DI PRATO DELLA VALLE
Quelli che se ne stanno in disparte, sigaretta in una mano e spritz nell’altra, sono davvero pochi. Eccoli lì, baciati dal sole del primo giorno di primavera, distesi sul prato dell’isola Memmia, spensierati e contenti per aver saltato una mattinata di scuola. Alcuni chiacchierano, altri corrono dietro a un pallone e altri ancora si guardano attorno con aria distratta. Come se quel che succede qualche decina di metri più in là, sopra e sotto il palco montato quasi ai piedi della Basilica di Santa Giustina, non li riguardasse affatto. Come se quell’anziano prete originario di Pieve di Cadore, che urla nel microfono che «c’è bisogno, oggi più che mai, di una grande rivoluzione culturale» e che «la più urgente delle riforme è quella delle coscienze», non stesse parlando anche a loro. Soprattutto a loro. Tutti gli altri però, migliaia di ragazzi tra gli 11 e i 18 anni arrivati a Padova da ogni parte d’italia (in particolare dal Nord, specialmente dal Veneto, dal Friuli Venezia Giulia, dall’emilia Romagna e dalla Lombardia), sembrano proprio pendere dalle labbra di don Luigi Ciotti. E quando il fondatore di Libera, con la sua voce che rimbomba per l’intero Prato della Valle, dice che «purtroppo nessuna zona del nostro Paese è esente dalla mafia», fanno sì con la testa e cercano conferma negli occhi degli adulti. In quelli dei loro insegnanti e in quelli dei sindacalisti, in quelli dei lavoratori e in quelli dei disoccupati, in quelli dei pensionati e in quelli dei rappresentanti delle categorie economiche, in quelli dei volontari del terzo settore e in quelli degli amministratori pubblici. Delle istituzioni. «Prendere consapevolezza che la criminalità organizzata ha messo radici pure qui, nel ricco Nordest, impegnarsi per rompere i muri dell’ipocrisia e fare tutto ciò assieme a migliaia di giovani – fa sapere il sindaco di Padova, Sergio Giordani – è una cosa bellissima». Già, è una piazza bellissima. Piena di ragazzi delle medie e delle superiori. Piena di studenti universitari. E piena di bandiere. Quelle di Libera, quelle rosse della Cgil, le tricolore della Cisl, quelle azzurre della Uil, quelle gialle della Coldiretti, quelle arcobaleno con scritto pace e quelle bianche dell’associazionismo cattolico. Ma sono soprattutto loro, i giovani, i protagonisti di questa giornata. Per esserci, si sono svegliati all’alba. Hanno sfilato, per un paio d’ore, per le strade della città. E adesso sono qui, in Prato della Valle ad ascoltare silenziosi la lettura dei nomi delle 1.011 vittime innocenti di tutte le mafie. «Dobbiamo essere sinceri – ammonisce Luca, 15 anni, dalla provincia di Udine –. La criminalità organizzata non è mai stata un fenomeno soltanto del Sud. Anzi, la sua presenza al Nord è forse ancora più massiccia. D’altronde, segui i soldi e troverai la mafia, diceva Giovanni Falcone». Eh sì. «Follow the money», ripeteva sempre quel magistrato siciliano ucciso nel 1992, quando Luca della provincia di Udine ancora non era nato. «Non bisogna girare la testa dall’altra parte – esorta Giulio, 17 anni, arrivato da Parma – e tantomeno aver paura di dire le cose come stanno. La mafia è dappertutto, magari non è più violenta come una volta, ma esiste anche e soprattutto al Nord. E va combattuta». Ed ecco Laura, 16 anni, da Pordenone: «I nostri insegnanti ci hanno spiegato che, in questi anni di crisi, la criminalità organizzata è riuscita a infilarsi nell’economia del nostro territorio, coinvolgendo professionisti insospettabili. Vogliamo costruirci un futuro migliore. Per questo siamo qui oggi». Paolo, invece, 18 da compiere tra un mese, è della provincia di Padova: «Seguo sempre don Ciotti quando va in televisione – sorride –. E quindi volevo vederlo dal vivo. Che carica. Che coraggio. Che uomo». E al suo fianco, preferendo restare anonima, un’insegnante dall’accento veronese si scioglie così: «Che orgoglio essere qui assieme a tutti questi giovani. L’altro giorno, in classe, stavamo parlando del concetto di omertà. Ma molti di loro non sapevano nemmeno cosa volesse dire. E perciò speriamo che le nuove generazioni siano più forti e audaci della nostra». È ormai ora di pranzo. Il fondatore di Libera scende dal palco. E i ragazzi al terzo giro d’aperitivo, lì in fondo, capiscono forse d’essersi persi qualcosa di grande.
” La docente Che orgoglio essere qui insieme a tutti questi giovani. Speriamo che le nuove generazioni siano più audaci della nostra