Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
L’ex ministro sarà capolista
Pd veneto, ok a Calenda De Castro: «Mi ritiro»
L’ex ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda sarà capolista del Pd alle Eu- ropee. «Non è veneto, è vero, ma ha fatto molto per questo territorio, difendendo e valorizzando le imprese» dice il segretario Alessandro Bisato. Moretti, Puppato, Variati, Fracasso e l’outsider Calò gli altri nomi in corsa. Intanto l’uscente Paolo De Castro, dato per favorito anche in Veneto, annuncia il suo ritiro.
L’accordo verrà chiuso la prossima settimana ma nel Pd la cosa è ormai data per fatta: alle elezioni Europee del 26 maggio l’ex ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda sarà il capolista dei dem a Nordest, nel collegio che comprende Veneto, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige. Lui stesso l’ha confermato con un’intervista ieri al Corriere: «Sono prontissimo, mi trasferirò al Nord, forse a Padova».
Nell’attesa di capire come finirà il pasticciaccio della Brexit (se il Regno Unito uscirà dall’unione Europea entro il voto i seggi appannaggio del Nordest saranno 15, viceversa 14), il Pd conta di fare qui, verosimilmente, 3 eletti. Il primo sarà il capolista, e dunque Calenda. La seconda, anche per lo schema dell’alternanza imposta dalla legge 65/2014, dovrebbe essere l’attuale vice presidente della Regione Emilia Romagna Elisabetta Gualmini. Il terzo se lo giocano di nuovo l’emilia Romagna e il Veneto.
L’emilia, regione «rossa» per eccellenza, può contare su una base di militanti ed un bacino di consenso più estesi ma potrebbe scontare la dispersione dei voti causata dalla compresenza di molti candidati forti, decisi a correre sul serio, a cominciare dagli uscenti Damiano Zoffoli e Cécile Kyenge (Paolo De Castro, molto apprezzato nel mondo dell’agricoltura, con solidi appoggi anche in Veneto dove si è visto spesso negli ultimi 5 anni, era dato per favorito perché ma proprio ieri ha annunciato di non volersi ricandidare, pare anche a seguito della discesa in campo di Calenda).
Il Veneto, dove il Pd deve invece rincorrere da sempre, potrebbe avere delle chance solo se il partito, dalla nomenclatura ai circoli, accettasse di correre compatto su un nome soltanto, facendo confluire lì tutta la sua potenza di fuoco. I nomi che circolano sono quelli dell’ex sindaco di Vicenza Achille Variati, dell’ex capogruppo in Regione Alessandra Moretti (che abbandonò Bruxelles, dopo essere stata la seconda più votata del Pd in Italia nel 2014, per correre contro Luca Zaia alle Regionali l’anno successivo), del suo successore nel ruolo Stefano Fracasso (sono tutti e tre vicentini e questo certo non aiuta), dell’ex senatrice e pure ex capogruppo a Palazzo Ferro Fini Laura Puppato e del professore (trevigiano come Puppato) Antonio Silvio Calò, divenuto un simbolo dell’accoglienza per aver scelto di ospitare nella sua casa alcuni profughi e premiato nell’ottobre scorso come «Cittadino europeo dell’anno» proprio a Strasburgo (è considerato un outsider ma conviene seguirlo con attenzione, la rete delle parrocchie e dell’associazionismo cattolico che lo sostiene si sta muovendo da tempo senza clamore ma con grande attivismo).
Qualcosa di più si saprà dopo la direzione regionale già convocata per lunedì ma è chiaro che trattandosi di Europee, l’ultima parola spetterà al Nazareno (almeno fino a quando il nuovo segretario Nicola Zingaretti non tirerà giù la saracinesca per trasferire tutti altrove). In quella sede potrebbe rispuntare Massimo Cacciari, il filosofo ex sindaco di Venezia che per ovvie ragioni sfugge alle trattative locali.
Va detto che, almeno dai dirigenti, la candidatura di Calenda a queste latitudini non è stata vissuta con particolari traumi. Citando un quotidiano locale, che ne evidenziava l’origine romana e il possibile danno che ne patirebbero gli aspiranti eurodeputati «indigeni», lui ieri è sbottato su Twitter: «Il punto non è se hai fatto bene o in Ue per 5 anni difendendo imprese da concorrenza sleale, approvando CETA etc o in Italia gestendo crisi, Industria 4.0, Piano Made in Italy etc. Conta solo dove sei nato. E parliamo di elezioni Ue non comunali! Mah!». Un ragionamento tutto sommato condiviso da molti nel partito, a cominciare dal segretario regionale Alessandro Luigi Bisato: «La candidatura di Calenda non è affatto un’imposizione, anzi, la auspicavamo perché la riteniamo una figura adatta a parlare al Nordest. Non è veneto, ma ha fatto molto per questo territorio, in Europa e come ministro, acquisendo una credibilità che va oltre gli steccati di partito».
Una lettura tutto sommato condivisa da Stefano Fracasso, nonostante la possibile competizione fratricida («Sono tra quelli che pensano che Calenda possa essere un valore aggiunto per il Pd del Veneto»), e pure da Graziano Azzalin, consigliere regionale che non teme di uscire dal coro, punta di lancia dell’area Zingaretti con cui Calenda incrociò le lame più volte durante la stagione congressuale: «La sua autorevolezza non è in discussione. Sicuramente la candidatura di Calenda sposterà il baricentro del partito ma attenzione, questo non significa che automaticamente riusciremo ad allargare il perimetro del nostro consenso. Si deve allestire comunque una lista competitiva e darsi tutti da fare. Mi spiace molto per De Castro: spero che ci ripensi perché il suo ritiro è una perdita grave non soltanto per il Pd ma per tutto il territorio ed il mondo dell’agroalimentare».