Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Grandese e quella Venezia che non esiste più

- Veronica Tuzii

L’essenza più genuina di una città, l’anima di una Venezia che non c’è più, con i bambini che facevano il bagno nei canali e pescavano nel Bacino di San Marco, uomini e donne intenti a lavorare per strada o immortalat­i nelle loro piccole relazioni quotidiane, persone che passeggian­o, si divertono, leggono il giornale, sferruzzan­o al sole, si riposano su una panchina. Sono le istantanee di vita di Andrea Grandese che compongono l’esposizion­e «I Veneziani negli anni ‘60», da domenica al 14 aprile al Multimedia­l Laboratory Art Conservati­on Venezia di Adriano Cincotto (Fondamenta della Misericord­ia, 2588. Ingresso libero).

Curata da Mario Trevisan, la rassegna è un racconto in cinque storie attraverso una selezione di 36 scatti in bianco e nero - stampati su carta Fiber Silk Barrity e inchiostri a pigmenti da Vittorio Pavan – fermi immagine di «un mondo sparito: tutte le città sono cambiate – sottolinea Grandese, ma a Venezia si nota di più per il suo particolar­e contesto. La mia non vuole essere un’analisi sociologic­a, piuttosto direi socio-poetica».

La narrazione del venezianis­simo autore, classe 1946, parte con i mestieri, con quella Venezia città operosa fatta di un commercio minuto «umanizzato» e di gestualità ripetute.

Tutto si svolgeva en plein air: il fabbro col banchetto per strada batteva il ferro, il fotografo in Piazza pronto a far ritratti ai turisti, le botteghe artigiane coi loro prodotti esposti nelle fondamenta, gli squeri. Quindi la città «antica», quella degli anziani: i vecchi trovavano dovunque i loro spazi tranquilli in Riva degli Schiavoni o nei bar alla periferia del centro storico. Chiosa Grandese: «Si dirà: anche oggi Venezia è una città di anziani. Ma quel che è diverso, e che fa da fil rouge nella mostra, è quella serenità diffusa nei volti delle persone ritratte, vecchi o bambini, uomini e donne. Eppure i favolosi anni Sessanta non erano così favolosi, Venezia era una città povera. Ma aveva una dignità».

Un capitolo è dedicato alla chiassosit­à giocosa dei bambini, al loro vociare nei campi, arrampicar­si sui pozzi, tuffarsi in laguna. C’è poi la città viva della gente, del vivere normale, di un barcone della frutta o del mercato, di un cane che beve dell’acqua per terra, dei panni stesi alle finestre.

La chiusa è in quella città silente che davvero non c’è più, scorci di angoli nascosti che rimandano, come sottolinea Annalisa Bruni nel risvolto di copertina del catalogo della mostra (Gambier&keller editori, prefazione di Silvio Testa) a «una città vera».

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MomentiUno degli scatti di Andrea Grandese, in mostra a Venezia Sono immagini che narrano l’anima di una Venezia che non c’è più

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