Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
DISTRETTI? È IL TEMPO DEI TALENTI
Il battito del Pil è più forte in Lombardia ed Emilia Romagna (+0,6% previsto per il 2019), leggermente più debole (+0.5%) in Veneto, allorché le tre regioni si avvicinano a una nuova recessione. Con la Germania in forte frenata, ne risentono pesantemente i loro distretti il cui primo mercato di sbocco è quello tedesco. In Veneto, definito un «distretto della Baviera» dall’amministratore delegato di Fincantieri, l’export distrettuale era in calo già all’inizio dell’anno. Il carro del Nordest che trasporta i prodotti eccellenti dei suoi distretti si muove al passo impresso dai leader tedeschi. Oggi, secondo i dati del monitor Intesa Sanpaolo, il segno meno è preoccupante per la meccanica strumentale di Vicenza (-8,1%) e la termomeccanica scaligera (5,7%). In Emilia-romagna hanno chiuso i battenti tante imprese artigiane nel distretto ceramico intorno a Sassuolo.
Non curandosi delle prove offerte della storia, tutt’altro che semplici aneddoti, un folto gruppo di economisti imbocca una sola strada: quella dell’indagine statistica che va sull’ottovolante dei dati. Tra il 2016 e il 2018, le ruggenti cifre in blu li portavano a magnificare i record dell’export. Dall’anno corrente, i pallidi numeri che volgono in rosso scuro fanno paura. Per vedere oltre l’orizzonte contingente, l’attenzione va distolta dai fattori di produzione (terra, lavoro e capitale) ereditati dalle passate rivoluzioni industriali, per concentrarsi sulle idee e i talenti.
Nascoste dietro lo scambio di merci, ci sono idee e competenze che abbattano le barriere sociali alzate dalla geografia, dalla lingua parlata e dalla cultura. Scesi dall’ottovolante, si cambia percorso per incamminarsi verso la foresta pluviale che ha il nome di ecosistema. Il distretto industriale è composto da soggetti che si assomigliano: imprese capofila e loro fornitori, tutti insieme impegnati nella costruzione di catene di valore per conquistare clienti. Un lodevole sforzo quando la tecnologia è relativamente statica. Tutto cambia quando intervengono rapide trasformazioni tecnologiche. La cultura dell’ecosistema è diversa. Proprio come nella foresta pluviale, il terreno culturale dell’ecosistema è reso fertile dall’alta diversità delle specie presenti e dalla loro promiscua collaborazione tramite comportamenti e motivazioni di ampio respiro. Nell’ecosistema è elevata la piovosità di idee che le fitte interazioni umane combinano e ricombinano nei modi più disparati. Le specie conviventi provengono da fisica, chimica, biologia, neuroscienze, psicologia, ingegneria, sociologia, economia, diritto, design. Esse generano innovazioni che si traducono in iniziative trasformative dello stato di cose preesistente.
Nel distretto le nuove tecnologie sono causa di alta mortalità delle imprese. Nell’ecosistema, le stesse tecnologie sono fonte di creatività imprenditoriale. Ne scaturiscono startup transnazionali che attingono a talenti, dovunque essi siano reperibili. Le collaborazioni prescindono dai confini geografici. Il distretto ha due dimensioni: le imprese del territorio e l’export; l’ecosistema è dotato di una terza dimensione: le imprese nomadi. In tre dimensioni ci stanno più cose. Il rendimento del coinvolgimento illimitato è dato dalla nascita di imprenditori che sono artisti. Come usa dire Richard Branson, il fondatore del Virgin Group, costoro dipingono su una tela bianca un’opera che riunisce persone di talento: ciò che fa la differenza nelle loro vite, non solo in quella dell’artista imprenditore.