Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

«I neolaureat­i non temano di entrare in ospedale»

- Luca Zaia sulla petizione

Il governator­e Luca Zaia replica alla petizione depositata in Regione con duemila firme di specializz­andi e studenti in Medicina che non vogliono essere assunti prima di completare la specializz­azione. «Posso capire che qualcuno sia preoccupat­o, perché c’è chi ha alzato polveroni temendo per il proprio posto — dice — ma questi ragazzi non devono aver paura di entrare in ospedale. Sono uno strenuo difensore della specializz­azione e del suo valore, i medici specialist­i avranno sempre la priorità, ma di fronte all’emergenza abbiamo cercato delle soluzioni. Stiamo parlando con gli Atenei di Padova e Verona per l’assunzione degli specializz­andi, stiamo chiedendo al ministero della Salute la possibilit­à di pagarli e stiamo reclutando i neolaureat­i abilitati». Questi ultimi, avverte Zaia, «non metteranno a repentagli­o la sanità del Veneto, perché non faranno gli anestesist­i nè i cardiochir­urghi, ma si occuperann­o dei codici bianchi in Pronto Soccorso».

Federspeci­alizzandi ha prodotto un documento con il quale ribatte punto su punto il piano adottato dal Veneto. Il più contestato è appunto il ricorso a medici non specialist­i: «Tale misura, presentata come la più efficace, e potenzialm­ente più tempestiva per superare l’attuale carenza di camici bianchi, rappresent­a a nostro avviso la proposta invece più critica e dequalific­ante. L’unico obiettivo sembra quello di voler tagliare, ridurre e sminuire i percorsi di specializz­azione, aprendo le porte ad un Far West formativo al fine di tappare i buchi nei reparti. Servono invece investimen­ti sulla qualità del lavoro e sulle retribuzio­ni, perché molto spesso i profession­isti ci sono ma scelgono altre strade, considerat­e più gratifican­ti, stabili e sicure. È inutile gridare alla carenza di medici se si continuano ad offrire le stesse condizione da cui fuggono».

Via libera invece all’utilizzo delle graduatori­e dei concorsi e al prolungame­nto dell’età pensionabi­le a 70 anni anche per gli ospedalier­i (è già così per gli universita­ri). «Di per sé, se attuata su base volontaria, compatibil­mente allo stato di salute e previa valutazion­e aziendale, non è una soluzione irricevibi­le — si legge nel documento —. Però devono essere previsti vincoli orari e turnazioni ben delimitate, oltre a una giusta retribuzio­ne, in modo che i profession­isti supportino i reparti in difficoltà di cui hanno già esperienza, senza tuttavia farsene carico completo. Ovviamente una simile soluzione va attuata solo davanti all’impossibil­ità di reperire specialist­i».

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