Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Solidarietà ai curdi, Facebook oscura la pagina dei collettivi
La pagina Facebook di Global Project, testata on line in cui si esprimono i collettivi di sinistra cittadini, è stata oscurata dopo la pubblicazione di alcuni post che solidarizzavano con il popolo curdo. Da ieri mattina sul popolare social network la pagina non è più visibile, così come quella dell’associazione Ya Basta Êdî Bese, vicina ai centri sociali del Nordest.
Facebook motiva tale decisione sostenendo che le due pagine violano gli standard della comunità: tra le accuse ci sono quelle di «terrorismo» e di «odio organizzato». Ma sembra che molte altre pagine a livello nazionale che hanno espresso solidarietà ai curdi dopo l’intervento turco in Siria abbiano patito la stessa sorte, come Milano in movimento e Dinamopress. La scure di Facebook sembra stia colpendo chiunque citi il popolo curdo o la guerra in Siria in rapporto al comportamento della Turchia.
«È sconcertante – commenta Antonio Trento, direttore di Global Project – Tra i post segnalati ce ne sono due per i quali tutto si può dire tranne che incitino all’odio organizzato: uno dedicato al combattente italiano morto in Siria, Lorenzo Orsetti, e un altro riguardante la manifestazione di qualche giorno fa di fronte alla prefettura alla quale hanno partecipato anche associazioni e sindacati. Stiamo molto attenti a ciò che pubblichiamo perché, come già specificato, siamo una testata quindi utilizziamo un linguaggio appropriato».
Ciò che sottolineano i redattori di Global Project è che non si tratta di una pagina dove vengono pubblicati interventi estremisti ma rimandi a veri e propri articoli, essendo una testata giornalistica registrata regolarmente al tribunale di Padova. «Ho segnalato a Facebook che si tratta di una violazione della libertà di stampa – continua Trento – Dato che non siamo gli unici ad aver subito l’oscuramento pensiamo ci sia qualcosa di più grande. Probabilmente si tratta di un’azione condotta a livello globale da parte dell’intelligence turca per cercare di gestire il dissenso per le operazioni di guerra del presidente Erdogan. E di certo questo trova terreno fertile all’interno della policy del social network che non deve dare conto a nessuno della chiusura di un profilo o di una pagina».