Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Il giudice pretende il certificato medico dal richiedente asilo L’avvocato denuncia Vende droga vicino al parco giochi Spacciatore pedinato e arrestato «Clonata la mia carta di credito» Ma è falso e finisce denunciato
«Il suo assistito era risultato positivo al test di Mantoux per la Tbc, prima di vederlo vorrei un certificato che mi assicuri che non è infetto». Questa la richiesta fatta ieri da un giudice non togato della commissione veneziana che valuta le diverse richieste di protezione concesse agli immigrati giunti in Italia. L’avvocata padovana Aurora D’agostino, che rappresenta le istanze di un giovane nigeriano ospite di un Cas di Padova, si è fatta ripetere la richiesta, non credendo alle proprie orecchie.
A pretendere il certificato è stato il got (giudice non togato) Mauro Brambullo, il quale, come annuncia l’avvocata padovana, sarà a breve segnalato al tribunale di Venezia. «Per una questione di privacy non posso certo portare un certificato di non contagiosità del mio cliente – spiega l’avvocata – molti degli stranieri che giungono in Italia sono positivi al test di Mantoux; il mio assistito, come certificato dalle carte prodotte, ha fatto la profilassi, ma nessuno ha il diritto di chiedergli se è contagioso o no. E’ una cosa che non avviene in nessun tribunale, a meno che non si stabilisca che quello per gli stranieri è un tribunale speciale per persone con diritti diversi da quelli degli italiani, non è questa una richiesta legittima – spiega - dal punto di vista giuridico e legale. E’ molto grave che venga subordinato l’indirizzo di difesa in una materia così importante. Assurdo, per quel che ne so io, non c’è precedente di questo tipo. È chiaramente una misura discriminatoria, io mi occupo di “penale” ogni giorno, nessuno mi ha mai chiesto un certificato di guarigione e non infettività, in tutta la mia vita professionale. E’ chiaro che è una misura discriminatoria, io non trovo altre motivazioni a questo tipo di comportamento; ora farò la a segnalazione al presidente del tribunale di Venezia e al consiglio giudiziario».
La richiesta del giudice è però di fatto «autorizzata» da un contestato protocollo applicato dal tribunale di Venezia e che dovrebbe disciplinare le attività di giudici e avvocati. Il cosiddetto «protocollo Venezia», adottato nel marzo dello scorso anno, prevede una serie di prescrizioni che sono state oggetto di dura critica da parte degli avvocati. Tra queste, oltre alla richiesta di certificati sullo stato di salute del richiedente protezione, c’è anche l’adozione di diverse tariffe da applicare nel caso si ottenga il documento richiesto o nel caso non si ottenga, per scoraggiare iniziative che, secondo il tribunale, potrebbero rappresentare solo inutili perdite di tempo. «Sono rimasta incredula davanti alla richiesta di un certificato medico – aggiunge ancora D’agostino – a chi vive circondato da altre persone e da operatori che hanno a cura le sue condizioni sanitarie».
Aveva appena ceduto una dose di cocaina all’ingresso di un parchetto per bambini. E’ stato arrestato dalla squadra mobile Moez El Louati, tunisino quarantenne pregiudicato, che martedì verso le 13 ha venduto mezzo grammo di stupefacente a ridosso dell’area verde di vicolo Aspetti all’arcella dove tutti i pomeriggi i più piccoli si trovano per giocare. L’uomo è stato fermato dopo che i poliziotti hanno notato un veloce scambio con un giovane italiano che è stato perquisito e ha consegnato poi la droga. Il pusher è stato ammanettato per spaccio con l’aggravante di aver commesso il reato a poca distanza da un luogo frequentato da famiglie e bambini piccoli per giocare. (a.pist.)
Si è recato dai carabinieri di Conselve spiegando: «Mi hanno clonato la carta di credito, voglio fare denuncia perché ho perso tanti soldi», nella speranza di essere risarcito dalla banca. Poi, però, le telecamere di sorveglianza della filiale hanno smascherato il raggiro. E’ stato denunciato per simulazione di reato e tentata truffa un 46enne di Arre inchiodato dai frame che mostrano come sia stato egli stesso a effettuare i prelievi, spendendo poi soldi (250 euro) alle macchinette del videopoker. Una volta messo davanti all’evidenza il quarantaseienne ha confessato scoppiando in lacrime. (a.pist.)