Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
«Dopo il referendum vogliamo l’autonomia, ma qui ci hanno fregato»
In viaggio con i leghisti, gli incontri in autogrill e le critiche a Berlusconi. Salvini e la riforma, tutti divisi
Sul pullman dello scontento leghista si viaggia comodi, 64 posti, aria condizionata, ma è sulla panchina di poppa, in fondo, che si trova la sistemazione ideale riservata ai turbolenti, agli indisciplinati fin dai tempi delle gite scolastiche: dunque ai migliori. Qui stilla il sugo del dibattito salviniano e le opinioni sgorgano sincere, aspre, qui si fa simposio e si discute con il sole in fronte mentre il mezzo sobbalza sull’asfalto e la compagnia corre verso Sud per il grande appuntamento, a Roma, in piazza San Giovanni, a suggellare il patto di fratellanza tra il Veneto indipendentista e il Mezzogiorno che ci sta. O almeno pare. Il ritorno sarà anche migliore, stanchi ma felici. La hit parade del gradimento è presto stilata. «Dove xe i veneti?», ha chiesto Zaia dal palco. Urlo di risposta. «Manganello agli agenti», doppio urlo di approvazione trasversale. Il governatore del Veneto, con lo striscione «autonomia subito», ha deliziato, la Meloni anche di più, «tecnicamente però, diciamo che una centralista come lei non la posso votare» avverte Nevio, padovano, ex imprenditore del settore impermeabilizzazioni macellato dalla crisi. Berlusconi? Un fiasco: «Un vecio che ripete la storia di quando era in guerra», giudica Elsa, padovana: il leader di Fi è stato pagato con sbuffi, ripetuti «basta» e «vai da Dudù».
Hanno i capelli bianchi per la verità e sulla via del ritorno anche spettinati, ma sono gli stessi che alle 4,30, a Limena, davanti al Crowe Palace aspettavano il bus. Sarà stata l’aria fina, il fresco che sveglia e anche l’età che aiuta, ti sveglia vispo e allegro di buon mattino mentre i giovani la mattina sono sempre incazzati. «Ecco, quel cretino di Grillo dovrebbe saperlo, vuol togliere il voto agli anziani – fa una signora – ma che si tolgano prima dalle scatole i vecchi che stanno in parlamento». Un’altra all’indirizzo della Carfagna in un modo che solo una donna può permettersi: «La Carfagna si dice tentata da Renzi,: benon, se ghe va male la Leopolda ghe resta sempre la Bernarda»..
Trovare posto su uno delle decine di bus partiti ieri dal Veneto era quasi impossibile, sold out da tre giorni fa. A Vicenza il quindicesimo pullman hanno dovuto pagarselo i militanti.
Si dormicchia. A Roncobilaccio, bomba o non bomba, il bus si arresta. Marco Polato, il capo gita, fa scendere e distribuisce brioche quando sono i gabinetti la cosa più urgente: e qui c’è tutto il Nord in fila che preme e le donne, contrariamente a quanto si crede, meno affannate. Qui a Roncobilaccio, dove Venditti ci fa la canzone, le avanguardie delle marcia nordista su Roma si incontrano, bresciani e friulani, lombardi e veneti: il padovano incontra il pistoiese e gli fa: «Andate a Roma?». «E dove se no?». «Non era più vicino la Leopolda?», punge Nicolò, ingegnere. «Piuttosto che andare alla Leopolda vado tre volte a piedi a Roma» risponde il pisano.
Nicolò ingegnere fa parte del gruppo del lunotto posteriore, quello dei discoli, ne rappresenta l’anima ragionante, ecumenica, quella che unisce Nord e Sud in un solo progetto. Ha appena smesso di redarguire i turbolenti, esorta alla fiducia, «capite la magia di Salvini vecchi ripetitori di frasi fatte che non siete altro. Io voglio portare dalla mia parte, dalla parte dell’autonomia gli infedeli, con i credenti non ci parlo perché è inutile e voi non avere ancora capito». Capito che? All’altezza di Orte, il dibattito si infiamma. «Sono qui in lista di attesa – fa l’ex magazziniere di 80 anni voglio vedere il cambiamento prima di morire ed è solo per questo che vado a Roma». Salta su una donna: «Non mi fido di Salvini, Zaia vale dieci Salvini. La nostra autonomia è stata vergognosamente fregata». «Quel che succede in Catalogna doveva succedere da noi dieci anni fa. Era il momento buono, hanno mandato avanti quattro ingenui che si sono anche rovinati la famiglia».
Viene fuori il vetero leghismo d’antan. L’antisindacalismo: «Loro in pensione con l’ultimo stipendio, noi con i contributi, tutti figli del sei politico sessantottino con cattedre, posti e prebende»; l’antimeridionalismo: «Sono i clienti di Di Maio». «Abbiamo fatto un referendum e ce lo dobbiamo dimenticare». L’ingegnere della retta via - un solo Giussano da Bolzano a Catania - riprende, rimprovera, esorta: «Siete vecchi, siete tristi siamo tutti italiani da convincere, cosa che si fa con la fede, con la capacità di credere e di dire cose vere. Salvini lo fa».
Dove il dibattito non prende è sulla la questione di Casa Pound. «Fascisti? La propaganda di Formigli e della Gruber ci fa un baffo.è l’antifona di un mondo morente, abbiamo rotto il giocattolo alla sinistra e allora ci danno del fascista. Piazza San Giovanni è grande, ci stanno dentro tutti gli italiani che vogliono cambiare. Piuttosto tengano basse le loro insegne quelli di Casa Pound, per questo basta il nostro servizio d’ordine».
Roma, Cinecittà, si scende mentre i video rilanciano le immagini di una San Giovanni già intasata. Tenera e sincera Michela, quella che non finora non ha messo bocca, ora spiega che fa la colf, che prende 6 euro e 30 all’ora e che questa è solo la terza volta che ha avuto la fortuna di venite a Roma. «“Vado a vedere il Vaticano, non l’ho mai visto» E da sola s’incammina. Alle 18 deve essere di ritorno, lei e tutti gli altri.
” Nicolò l’ingegnere Capite la magia di Salvini, io voglio portare dalla parte dell’autonomia gli infedeli ” L’ex magazziniere 80enne Il cambiamento? Prima di morire voglio vederlo: per questo vado a Roma