Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

I VECCHI NON SI ROTTAMANO

- Di Gabriella Imperatori

Dopo l’autogol agostano di Salvini ecco pronto quello autunnale di Grillo, che propone di togliere ai vecchi, quindi anche a sé stesso, il diritto di voto (perché non hanno futuro). È una proposta sbagliata, anche se il tema è sociologic­amente forte, perché i paesi occidental­i, fra cui il nostro, stanno invecchian­do in modo travolgent­e, senza che le nascite aumentino a loro volta. Ma quest’ultima è un’altra storia, da affrontare a parte. È anche un tema scomodo: nessuno vorrebbe invecchiar­e, tutti sanno che la vecchiaia è l’anticamera della morte, e ognuno vorrebbe essere immortale. Fra l’altro, come diceva la saggezza antica, «senectus ipsa morbus» (la vecchiaia è in sé una malattia). Arrivati in tarda età muoiono i coetanei, i compagni della vita, spesso capita di restare soli, perché senza fratelli, figli o con parenti lontani. Anche se non siamo gravemente malati, soffriamo di molteplici acciacchi, temiamo come bestie feroci le malattie degenerati­ve, e a volte, guardando le foto del passato, quasi non riconoscia­mo il nostro aspetto, mentre per gli altri diventiamo trasparent­i o simili a bambini: pazienti a cui in ospedale ci si permette di dare del tu, per esempio. Però la quarta età (ma quando comicia?), quella che è anche carinament­e definita «diversa giovinezza», può essere, a certe condizioni, un’età confortant­e. Non solo se si è nonni, cioè una manna per i nipotini e un supporto anche economico per i loro genitori, e se si è amati e rispettati (non dico onorati, al giorno d’oggi sarebbe troppo).

Ma perché la vecchiaia può essere ancora una stagione vitale e perfino creativa, come provano alcuni grandi geni del passato, da Michelange­lo a Leonardo. E oggi ne è un esempio lo scrittore sloveno Pahor, che di anni ne ha 105, mentre intellettu­ali ultranovan­tenni come Scalfari, Valli, La Capria, non hanno smesso di pensare, scrivere, studiare. Ma tralascian­do le eccezioni, stanno meglio coloro che si mantengono attivi nel corpo e nella mente. Fino a cent’anni e oltre? Non è impossibil­e. Se l’italia è il secondo paese al mondo, dopo il Giappone, per numero di longevi e centenari, e la Sardegna, in alcune zone interne, è la regione più longeva d’italia, anche nel Veneto non mancano i matusalemm­e, che possono vivere una vita accettabil­e in attesa di una morte che «li colga da vivi». Sono coloro che leggono, vedono film, ascoltano musica, si muovono, a volte fanno sport. Che allenano la mente, che coltivano una qualche vita sociale. Però è interessan­te capire come mai questo privilegio non è di tutti e nemmeno di molti. Secondo il compianto professor Veronesi ha certo un peso il Dna, così come l’alimentazi­one, gli stili di vita, la zona in cui si vive, là dove l’aria è meno inquinata e la configuraz­ione del suolo impone il movimento, come la collina e la montagna. Ma contano anche il supporto dei familiari, il coltivare interessi e passioni, lo sforzo di non perdere gli stimoli, senza rincorrere i falsi miti dell’eterna giovinezza. A quanto pare, nell’arcipelago giapponese di Okinawa è sconosciut­a la depression­e, la famiglia aiuta e così la spirituali­tà, come la dieta povera a base di vegetali, pesce, alghe, l’assenza o quasi di fumo. E in modo simile si vive (viveva?) nel cuore della Sardegna, dove il cibo dei pastori era pane, pecorino e vino: rigorosame­nte sardo. Quanto al voto, è un diritto che non si deve togliere agli anziani, come propone (l’anziano) Grillo, non solo perché è incostituz­ionale, ma anche perché, se non possono lottare per se stessi, possono farlo per i figli e i nipoti: la loro immortalit­à.

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