Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
L’uomo, la donna, l’amore e la (vera) filosofia del tango
Oggi sarà presentato dalla scrittrice a Marostica. «Questo ballo rappresenta eleganza di movimenti, una scena di armonia da ammirare con gli occhi»
Tango come metafora della vita: una terapia liberatoria in cui ogni passo di danza è una conquista indimenticabile, il momento perfetto, forse proprio perché quando viene colto è già sfumato. Ma anche un approccio che può degenerare, che può trasformarsi in una sindrome persecutoria o sfociare in un machismo esasperato tale da giustificare la presa di posizione di un movimento femminista come quello che in questi ultimi tempi sta suscitando polemiche e discussioni in Argentina. Insomma, l’attimo d’estasi di generazioni di ballerini finisce alla sbarra. Ma è giusto? Il tango rappresenta il simbolo dell’unione tra uomo e donna, un connubio di eleganza di movimenti, una scena di armonia da ammirare con gli occhi. Eppure, se scaviamo nelle origini di questo ballo nato sulle sponde del Rio della Plata tra Montevideo e Buenos Aires, troviamo radici profonde immerse in una realtà suburbana di miseria, di immigrazione, di disagio. I primi ballerini si esibivano e si sfidavano in prove di abilità per dare voce al loro bisogno di riscatto e al loro coraggio sacrificati da un triste quotidiano, in un gioco che diventava una competizione solo tra uomini. Tutto ciò evolve e dall’atto di improvvisazione spontanea si iniziano a fissare le prime figure di una coreografia che, applicate a una musica anch’essa in via di definizione, vengono riconosciute come tango a cominciare dal 1880. La sua espansione parte così dalla periferia della città, dalla Orilla, ossia quei territori ai confini del fiume popolati da nativi del luogo. Nel riunirsi per ballare o per cantare, il termine milonga acquista il significato della sua funzione, esalta il sapore del proibito, della passione e della sensualità. Il popolo orillero non era composto solo da malavitosi, ma anche da brave persone che, avvicinandosi al tango, lo hanno depurato, eliminando alcune figure come quella della corte y quebrada, pausa e caschè, ritenuta disdicevole. In sintesi, un modo di ballare purificato delle sue accezioni più ardite, denominato liso, che privilegiava movimenti lenti e cadenzati ispirati dalla diffusione di ritmi innovativi della musica e dall’ingresso del bandoneon. Un approccio differente che si risolveva nell’associare una camminata elegante seguendo la cadenza delle melodie a poche figure, a difesa della tutela della morale dell’epoca che segnerà una nuova fase nella storia del tango denominata Guardia Nueva.
Un’euforia contagiosa tra musica, ballo e celebri interpreti come Julio De Caro e Carlos Gardel. Il fantasioso violinista Juan D’arienzo decide di caratterizzare il proprio stile a favore della ballabilità.
Dalle sue origini a oggi, il tango ha conosciuto una diffusione planetaria che gli è valsa il riconoscimento da parte dell’unesco di Patrimonio Immateriale dell’umanità. Il tango è diventato un linguaggio universale e, come tutti gli idiomi è a rischio di deformazioni e di declinazioni sbagliate, ma non per questo deve temere di mettersi in discussione e di affrontare a viso aperto critiche e prese di posizione anche ben fondate. Con una consapevolezza però, che il prendere di mira il ballo nasconde l’attuale problematico rapporto fra i generi, causa di deflagrazione della coppia e di crisi di identità. È il comportamento del maschio a essere messo sotto accusa e movimenti come #Me Too, per non parlare dei femminicidi sempre più frequenti, lo stanno a testimoniare. Le donne non abbiano paura di continuare a scendere in pista, ma gli uomini ritornino a imparare a essere tali: il tango, nella sua espressione più alta di artistico linguaggio corporeo, può fornire loro un grande aiuto.