Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
SE I SOCIAL CAMBIANO IL GIUDIZIO
Nei giorni scorsi molti hanno commentato con raccapriccio la foto del giovane che subito dopo l’investimento di due ciclisti in provincia di Venezia si è messo tranquillamente in posa con il pollice alzato mentre sul posto accorrevano soccorsi, fotografi e passanti. Gran parte dei commentatori ha criticato nello specifico l’indifferenza e la spietatezza della posa e la sua drammatica incongruenza rispetto alla situazione. Vi è tuttavia un’altra chiave di lettura da non sottovalutare.
Per comprenderla, occorre tornare un po’ indietro nel tempo. I lettori meno giovani si ricorderanno di ciò che puntualmente accadeva in occasione di collegamenti televisivi dopo eventi drammatici come terremoti o altri episodi luttuosi. A dispetto della gravità della situazione, dietro il corrispondente Rai ogni volta spuntavano fuori persone che sorridevano e salutavano. Perché lo facevano? «Il mezzo è il messaggio», diceva lo studioso di media Marshall Mcluhan. Non salutavano tanto parenti e conoscenti in ascolto, quanto la potenza del mezzo televisivo, all’epoca all’apice del suo splendore. Più in generale, ciò che Mcluhan intendeva è che i mezzi di comunicazione, per il solo fatto di essere usati quotidianamente, cambiano profondamente il nostro modo di agire e di pensare, definiscono abitudini e forme di comportamento che divengono, in quanto abitudini, inconsapevoli.
Nell’epoca dei social, quando c’è qualcuno che guarda (e c’è quasi sempre qualcuno che guarda) o scatta fotografie, ci si mette in posa.
Col sorriso, col pollice alzato, oppure (soprattutto per le ragazze) deformando le labbra in quel modo singolare e incomprensibile al di fuori delle nuove convenzioni estetiche che questi media hanno stabilito.
La posa prescinde dal contesto, che ci si trovi davanti a un aperitivo, su un pericoloso sentiero di montagna o su una strada dove è avvenuto un incidente.
Lo confermano nel modo più tragico le immagini e i video che spesso chi compie una violenza o un delitto pubblica a documentazione del proprio atto.
Il giudizio morale è sostituito da quello estetico.
Il pollice alzato, poi, è divenuto il riflesso condizionato per eccellenza, il segno di approvazione che si dà alle foto degli altri e ci si aspetta per le proprie. «Pulsantizzazione delle emozioni» la chiamano gli studiosi dei social media. I tasti e gli «emoji» che usiamo definiscono le emozioni che possiamo provare; i sentimenti che non sono esprimibili schiacciando un tasto non hanno cittadinanza nell’ambiente comunicativo contemporaneo.
Si può certamente, biasimare il gesto specifico. Ma è importante comprenderne le ragioni profonde e il contesto. Non per giustificare il gesto, né per demonizzare il mezzo, ma per cominciare ad avere consapevolezza di come questi strumenti ci abbiano cambiato senza che ce ne accorgessimo.
Ogni iniziativa educativa non può che partire da qui.