Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
LA MORTE IN TRE SFIDE
Venezia, Miriam aveva 25 anni. Sospetta embolia polmonare
Aben pochi piacerebbe avere come sorella la morte, per usare l’immagine di san Francesco. Perché la morte da sempre significa assenza, mistero, decomposizione. Eppure in questi ultimi decenni la morte è decisamente arretrata, ha allentato la sua presa, perché la longevità crescente l’ha allontanata sempre più in là. Nel 1974 la speranza media di vita (cioè gli anni che un neonato avrebbe davanti a sé) era di 73 anni, oggi è arrivata ad 83. In Veneto il guadagno di vita è stato di dodici anni, quindi ancora più ampio. E non è detto che la corsa non possa proseguire, visto l’affollarsi dei centenari, avanguardia vivente di tale longevità. Ciò nonostante con la morte dovremo sempre più fare i conti nel prossimo futuro. Per tre motivi. Il primo, squisitamente demografico, è che verso il 2050-2060 avremo un picco della mortalità. Perché, malgrado la piacevole longevità, invecchieranno e poi scompariranno le numerose generazioni nate negli anni del cosiddetto baby boom. Il secondo motivo è dato dalla grande capacità della scienza medica di cronicizzare le malattie: cronicizzare significa, in un certo senso, porre il paziente in un critico limbo in cui il confine tra vita e morte si fa sfumato ed in cui la morte stessa diventa un processo (talvolta anche insopportabilmente lungo) e non più un momento.
I primi malesseri erano cominciati qualche settimana fa. Sembrava una semplice influenza, sembrava anche guarita, fino a quando sabato i genitori l’hanno portata al pronto soccorso per la febbre risalita e una grande spossatezza. Un giorno di controlli in pronto soccorso, una notte in osservazione, poi la ragazza è stata dimessa: i medici le hanno prescritto una terapia e altri controlli. Tre giorni dopo Miriam Tabata De Giovanni, di Cannaregio, a Venezia, è morta dopo un disperato tentativo di salvarla in ospedale. «Mimi», così la chiamavano gli amici, aveva solo 25 anni e i genitori e i fratelli Boris e Jgor vogliono sapere la verità. «E’ svenuta in bagno, ho tentato di rianimarla con il massaggio cardiaco, farla respirare, ho cercato di fare qualcosa», dice con un filo di voce il papà Fabio De Giovanni.
La famiglia non ha presentato ancora alcun esposto alla magistratura. Ieri pomeriggio all’ospedale Civile l’usl 3 ha disposto un riscontro diagnostico, un esame che aiuta a capire le cause del decesso. I primi risultati avrebbero evidenziato come causa della morte un’embolia polmonare massiva.
Sabato mattina Miriam si era presentata al pronto soccorso del Civile con febbre alta, difficoltà respiratorie. La direzione dell’ospedale ha spiegato che la ragazza «è stata visitata da due medici del pronto soccorso e dall’infettivologo». Dopo tutti gli esami Miriam è stata trattenuta in osservazione per la notte. Il giorno dopo è stata dimessa «con una terapia da proseguire a domicilio – spiega l’usl - è stato anche concordato un programma di esami e visite di rivalutazione che non è stato possibile attuare per il precipitare del quadro clinico».
Mercoledì mattina Miriam era a casa con i genitori. Continuava a sentirsi male, a essere debole, tanto che aveva accettato di tornare in pronto soccorso su insistenza dei familiari. «Si è sentita male in bagno – racconta la mamma Cristina – ero lì, ce ne siamo accorti subito». Il padre ha cercato di chiamarla, ma la giovane aveva perso i sensi. L’hanno sollevata di peso, stesa in bagno, e mentre la mamma chiamava il 118, il papà le ha fatto un massaggio cardiaco, la respirazione artificiale, ma Miriam non dava segni di riprendersi. Arrivata in ospedale c’erano ad aspettarla l’équipe della Cardiologia e della Rianimazione oltre ai medici del Suem e del Pronto Soccorso. Tutto inutile.
«Era stata alle terme com il fidanzato quasi un mese fa — raccontano i genitori — e poi le era venuta l’influenza. Pensavamo avesse preso un raffreddamento, un colpo d’aria con i capelli bagnati. Aveva fatto la cura di antibiotici – racconta il padre – sembrava migliorata, anche se era stanca». Miriam per quattro giorni resta sfebbrata e inizia a uscire. Venerdì sera, al ritorno da una prova pratica di scuola guida, peggiora. «Questo martedì avrebbe dovuto fare l’esame della patente»m, sussurrano i familiari.
Sabato la febbre torna a salire, la giovane fatica a respirare e con il padre si presenta
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Il padre Era stata alle terme, pensavamo all’influenza si sentiva spossata
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La madre Si è sentita male in bagno, ce ne siamo accorti subito
al Pronto Soccorso del Civile. «Quando è tornata a casa ha seguito correttamente la terapia di antibiotico e cortisone – dice il padre – abbiamo fatto tutte le cose che si dovevano fare». La famiglia ha deciso di donare le cornee della ragazza. «Sarebbe stato un suo desidero», dicono. Decine i messaggi di cordoglio degli amici e di tutto il quartiere dove la famiglia è molto conosciuta (il figlio Jgor gestisce un locale in fondamenta degli Ormesini). «Era riservata – ricorda la madre – ma amava stare tra la gente».
Miriam lavorava come banconiera, fino a un mese fa nell’osteria dal Riccio Peoco a Santi Apostoli. Si era diplomata al liceo artistico a Treviso e amava viaggiare, il suo sogno era l’america del Sud e negli ultimi anni aveva visitato l’argentina, era stata a Buenos Aires, in Bolivia e Perù. «Gli piaceva così tanto che si era messa a studiare lo spagnolo», racconta la mamma.
Era una ragazza sportiva, in salute. Fino a qualche anno fa praticava karate, era cintura nera di karate al 2° dan. La passione per il disegno e il canto l’aveva portata a entrare nel gruppo «I barbagianni». Amava il mare Miriam. «Quest’estate era stata in Croazia» ricorda la madre guardando un video che riprende la ragazza che ride dall’alto dell’albero di una barca a vela.