Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Sui soldi di Svizzero nuove verifiche negli Stati Uniti. Il suo difensore: «Ipotesi fantasiose»
Ammesso e non concesso che il denaro investito da Nicolò Svizzero per conto dei suoi facoltosi clienti, abbia realmente fruttato del denaro, quel denaro con è ogni probabilità negli States. Non solo i 27 milioni e 700 mila euro consegnatigli dall’imprenditore della Bassa Padovana Adriano Miola, ma anche un consistente gruzzolo che ammonterebbe a 100 milioni di euro, racimolato da Svizzero dal 2010 ad oggi, cioè da quando ha cominciato a spacciarsi per broker, pur non essendo iscritto alla lista (obbligatoria) dei promotori finanziari.
Svizzero è stato arrestato dalla Finanza il 10 ottobre scorso. Assistito dal penalista Fabio Crea, che ritiene l’ipotesi dei 100 milioni «fantasiosa», ha avuto accesso ai domiciliari nella casa di famiglia. Stando alle indagini è stata proprio la famiglia il primo biglietto da visita usato da Svizzero per conquistare la fiducia dei ricchi imprenditori suoi clienti. Questi ultimi erano sistematicamente invitati negli alberghi di lusso per coinvolgerli in investimenti brevi - ma apparentemente non ad alto rischio - su conti cinesi con il supporto delle banche d’investimento americane.
Stando alla documentazione in possesso della Finanza, Svizzero, figlio di Nadia Morellato, nipote di Mauro Biasuzzi, re delle cave, viveva una vita alla Jordan Belford, il «Wolf of Wall Street» di Martin Scorsese. A dare l’avvio alle indagini è stata un’agenzia di viaggi padovana cui Svizzero si appoggiava per le trasferte, viaggi rigorosamente in prima classe e pernottamenti in alberghi a cinque stelle come il Mandarin Oriental a Milano. Le due titolari che gestiscono l’agenzia si sono ritrovate un credito di 226 mila euro e per far fronte ai pagamenti hanno dovuto chiedere prestiti anche ai genitori. Alle pressanti richieste di rientrare, Svizzero rispondeva che aveva i conti bloccati a Singapore per via di un importante personaggio politico italiano che aveva avuto problemi con il fisco: gli avevano bloccato i conti e quindi anche la sua operatività, diceva. Ma a quanto pare era una bugia. Quell’«importante politico» è Sebastiano Cossia Castiglioni, imprenditore toscano nel settore vinicolo, vicino a Matteo Renzi, che con la giustizia non ha mai avuto alcun problema. Cossia Castiglioni era un cliente del broker padovano, e in Svizzera gli aveva commissionato un investimento. Anche Cossia Castiglioni, non vedendo rientrare un centesimo del denaro investito, nel 2017 lo denuncia alle autorità elvetiche, che avviano un’indagine parallela. Poco dopo l’agenzia di viaggi di Padova si fa viva dalla guardia di finanza e, a grappolo, arrivano anche gli altri, incluso Adriano Miola. Da quanto ricostruito mediante l’analisi dei flussi bancari, emerge che, nonostante Miola non riuscisse a rientrare dei suoi 27 milioni investiti, nonostante le mail di sollecito, le visite anche in ospedale, dove Svizzero era ricoverato, per riavere quel denaro, il broker continuava a dire che era per colpa dell’azione di Cossia Castiglioni che non poteva sbloccare i conti a Singapore e restituire il denaro all’investitore padovano. Per questo Svizzero chiede a Miola altri 4 milioni e mezzo. Quei soldi, stando al disegno di Svizzero, dovevano invece servire a tacitare Cossia Castiglioni e a farlo stare buono ancora un po’.
Ora non resta che cercare il tesoro negli Usa. Non è affatto detto che si trovi, perché gli investigatori al momento sembrano privilegiare un’altra interpretazione: cioé che il broker abbia vissuto del denaro concessogli dai suoi clienti, che qualche volta hanno ricevuto anche qualche bonifico come prova delle buone rendite. Forse però non erano rendite, ma denari di altri investitori entranti, una «catena di sant’antonio» che è finita con le manette.