Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Cattolici veneti: risorse e incertezze
Passato e presente. Il confronto è quotidiano. Il passato resta nel cuore della gente. Il presente appare sempre più nella sua dimensione del folclore. Anche in un Veneto, incerto e confuso, che ha bisogno di rinnovarsi. Partendo da una memoria storica, dalla convinzione che i drammi che si dimenticano possono essere ripetuti. «Rivaremo a baita?», si chiedevano gli Alpini del «sergente» Mario Rigoni Stern, impantanati nelle nevi della steppa russa. Con orgoglio, sacrificio, coraggio hanno dato linfa, e concretezza, alla speranza. Giovanni Rana, in una vecchia, ma sempre
attuale intervista ad Enzo Biagi, suggeriva: «I Veneti sono ‘fantasisti’!», certo tenaci e creativi, votati all’innovazione, capaci di stupire, sempre. Felici, e indipendenti, aggiunge qualche osservatore, e pazienti, fino nell’invocare ed attendere l’autonomia.
Solo che la crisi di identità in cui stanno vivendo crea complicazioni, e incertezze, a partire dall’evidente frattura che si percepisce, a fronte di tra una delle sicurezze più forti, la presenza e il legame diffuso con la Chiesa, fino ad aver fatto dei campanili il fulcro, il baricentro persino dello sviluppo sociale ed economico.
E la comunità ecclesiale come sta reagendo, di fronte a chiese sempre più vuote e disertate, ad un secolarismo crescente, ad una crisi vocazionale che ha privato di preti le parrocchie, che resiste per una religiosità popolare che popola santuari, feste e processioni mariane?
Qualche settimana fa, magari pure per tamponare le falle di quella che era la “sacrestia d’italia” il Cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, ha incontrato a Zelarino (Venezia), i Vescovi del Triveneto . Il Cardinale e i Vescovi del Nordest hanno dialogato a lungo, scambiandosi impressioni ed esperienze, su questioni che attraversano oggi la vita della Chiesa, interrogandosi su risorse e debolezze esistenti. Il contesto anche territoriale è radicalmente mutato e richiede nuove forme e modalità di azione, formazione e presenza della comunità cristiana sul territorio (situazione e compiti del clero e dei laici, vita religiosa, collaborazioni, unità pastorali) nonché i possibili modi per accrescere la collaborazione pastorale, la collegialità e la comunione tra queste Chiese. I Vescovi invocano una rinnovata «missionarietà», difficile da tradurre in pratica. Com’è consuetudine nella Chiesa l’incontro si è concluso, trasferendosi davanti all’altare nella basilica di San Marco, per commemorare il Patriarca Giovanni Urbani, a cinquant’anni dalla morte, colui che ha aperto la strada al patriarcato di Albino Luciani. Urbani era stato assistente generale dell’azione Cattolica Italiana dal 1946 al 1955, Vescovo di Verona dal 1955 al 1958, Patriarca di Venezia dalla fine del 1958 al 1969 ed anche presidente della Cei dal 1965 al 1969. Non a caso si sono ricordate le virtù e le intuizioni pastorali di Giovanni Urbani. E pensare che il Veneto continua ad alimentare, con i suoi sacerdoti, gli organigrammi della Chiesa universale. È vicentino il cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato Vaticano. Papa Francesco, poi, ha nominato il Vescovo Giampietro Gloder, 62 anni, nativo di Gallio,sull’altipiano di Asiago, nunzio apostolico a Cuba, e un altro sacerdote padovano, don Riccardo Battocchio, nato a Bassano, 57 anni fa, a direttore dell’almo Collegio Capranica.
Per capire la nuova dimensione «missionaria» dei Vescovi veneti, il loro impegno ad abbattere
anche i muri mediatici di cui si sta attorniando il potere, forse occorre riascoltare le parole del nuovo Vescovo di Treviso, insediatosi appena qualche giorno fa. Monsignor Michele Tomasi, giunto nel capoluogo della Marca da Bressanone, laureato in Economia alla Bocconi prima di essere ordinato prete, ha insistito sulla necessità di «Credere sul serio». La carenza di fede che si percepisce nei fatti – ha lasciato intendere Tomasi – «questa mancanza non è un bisogno da soddisfare, un vuoto da colmare con qualche atto, con un progetto, con un qualche “fare” pastorale o sociale, così che si possa poi acquietare con una risposta definita, seppur transitoria: una volta che sono sfamato sono a posto almeno sino alla prossima volta che quel vuoto si ripresenta, prepotente; una volta che la mia vita è organizzata con cura, sono a posto, tranquillo, realizzato, almeno fino alla prossima crisi. No, questa mancanza è in una dimensione differente, si presenta come qualcosa di nuovo, di inedito, di mai visto ma ormai chiaramente percepito: essa segnala qualcosa che in modo leggero, discreto, sottile tocca il profondo vita» di chi vuole credere.
Un «salto di qualità» è richiesto soprattutto ai cattolici, quel gusto dello stupore che attrae e affascina e che magari li fa re-innamorare di un impegno politico e partecipativo, quello stesso che è stato lunga tradizione in Veneto.