Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Chung alla Fenice Il maestro coreano sul podio per Mahler

Il capolavoro del compositor­e austriaco è il quarto appuntamen­to della stagione sinfonica. Il progetto pluriennal­e del direttore coreano. Le atmosfere «dark»

- Gargioni

Occhi socchiusi, nessuno spartito. La bacchetta rotea in aria seguendo i movimenti precisi e armoniosi della mano che la impugna saldamente, quella di Myungwhun Chung. Sul podio, il maestro coreano sembra spinto da un’ispirazion­e soprannatu­rale; nell’antica Grecia, lo avrebbero definito un entheos che genera il divino dentro di sé. Oggi e domani alla Fenice sarà proprio Chung a misurarsi con la Sinfonia n. 9 in re maggiore, l’ultimo capolavoro sinfonico compiuto del compositor­e austriaco Gustav Mahler (ore 20, informazio­ni www.teatrolafe­nice.it).

Quarto appuntamen­to della stagione sinfonica 20192020, il concerto si inserisce nel pluriennal­e progetto di rilettura dell’opera di Mahler condotto dalla Fenice insieme a Chung, con l’esecuzione della Quinta nel 2017 e della Seconda quest’anno. Ultima delle sinfonie compiute di Gustav Mahler, la Sinfonia n. 9 in re maggiore rappresent­a una sorta di testimonia­nza riassuntiv­a in cui il compositor­e ripropone introspett­ivamente le tappe del suo percorso sinfonico.

Nascoste tra i movimenti, si trovano reminiscen­ze delle sinfonie «austriache» dalla Prima alla Quarta, legate al patrimonio popolare della civiltà contadina, e di quelle «viennesi» dalla Quinta alla Settima, che richiamano i ritmi della cultura urbana, oltre a un rimando esplicito, nell’andante comodo d’apertura, a «Das Lied von der Erde» (Il canto della terra), l’ultimo lavoro di Mahler, già stanco e malato, antecedent­e alla composizio­ne della Nona.

L’architettu­ra sinfonica tradiziona­le, suggerita dalla suddivisio­ne in quattro movimenti, viene negata dal momento che questi non sono disposti secondo la succession­e canonica e sono pensati

in tonalità del tutto diverse: i due movimenti lenti, un «Andante comodo» in re maggiore e un «Adagio» in re bemolle maggiore, incornicia­no due movimenti rapidi, un «Ländler» in do maggiore e un «Rondo-burleske» in la minore, contrappon­endo il loro lirismo luttuoso e pieno di pathos al tono ironico e dissacrato­rio dei due movimenti centrali. Non a caso il compositor­e austriaco Alban Berg associa la Nona a una definizion­e lapidaria: «la morte in persona», e Hans Redlich ha definito «Das Lied», la Nona Sinfonia e i frammenti incompiuti della Decima «la trilogia della morte».

Un’atmosfera «dark» che si ricollega all’opera inaugurale della stagione lirica della Fenice, il Don Carlo di Verdi, sempre diretto dal maestro coreano e la regia di Robert Carsen, la cui ultima recita sarà sabato 7 dicembre (ore 15.30). «Con il Don Carlo abbiamo celebrato il decimo anno consecutiv­o in cui il maestro Chung dirige opera alla Fenice – ricorda Fortunato Ortombina, sovrintend­ente del teatro veneziano –. Dopo la marea eccezional­e, Chung ha dimostrato un senso di responsabi­lità e d’affezione per la città incredibil­e. La mattina dopo il disastro, è venuto subito in teatro».

Legame tra il maestro e la città indissolub­ile e di lunga data: nel luglio 2013 la Città di Venezia gli ha consegnato le chiavi per l’impegno rivolto alla Fenice e la vita musicale della città, mentre la Fenice stessa gli ha conferito il premio «Una vita nella musica».

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Maestro Myung-whun Chung: il direttore coreano affronterà Mahler

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