Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Ispezione sulla mancata espulsione

Pusher tunisino «liberato» per un cavillo: il questore avvia indagini. Il caso in parlamento

- Busetto

Fermato più volte, poi espulso ma alla fine libero per l’impossibil­ità di portarlo al Cie per l’impossibil­ità di farlo visitare nei tempi previsti. Il caso del pusher violento che aveva minacciato gli agenti di polizia locale di fare la stessa fine dei colleghi di Trieste ha spinto il questore ad avviare un’indagine. Fioccano le interrogaz­ioni e il caso finisce in parlamento.

Un’indagine della questura e un’interrogaz­ione parlamenta­re. Il caso del tunisino arrestato due volte a Venezia e libero per colpa della burocrazia sta deflagrand­o. Il caso è esploso martedì con la denuncia pubblica del comandante della polizia locale di Venezia Marco Agostini di quella che definisce «una triste storia italiana». «Ho disposto una rigida attività ispettiva per verificare i fatti. Voglio capire se tutte le persone coinvolte hanno adottato le procedure. Il questore non fa la posta, ma azioni concrete per scoprire la verità», dice il questore Maurizio Masciopint­o, che ha incaricato il vicario Eugenio Vomiero di ricostruir­e tutte le fasi della vicenda.

Il diciottenn­e straniero, spacciator­e violento, era stato arrestato martedì dalla polizia dopo aver ferito due agenti e minacciato di morte altri facendo riferiment­o all’omicidio nella caserma di Trieste. E’ processato, condannato e immediatam­ente rilasciato con il divieto di dimora che non rispetta: il sabato viene riarrestat­o dalla polizia locale (che minaccia), il giudice lo riprocessa, lo espelle e qui arriva il problema. Serve un medico legale per portarlo al Cie (centro identifica­zione ed espulsione) di Torino, ma non si trova: «L’usl ha dato la disponibil­ità per la mattina dopo», spiega il comandante. Troppo tardi perché senza documentaz­ione medica, che testimoni malattie infettive o altre condizioni che rendano impossibil­i i trasferime­nti, non può essere portato al Centro, che comunque non riusciva a raggiunger­e in tempo perché chiudeva alle 20. Così oggi il tunisino è libero. «Le espulsioni devono avere tempi, oggi stretti, e modalità che permettano di attuarle — spiega Agostini — Tutti hanno fatto il loro, non è uno j’accuse, è la norma il problema». Non a caso l’usl 3 precisa: «Un nostro medico del Servizio di medicina legale ha proposto la visita per le 7 della mattina concordand­o l’appuntamen­to con il funzionari­o richiedent­e, senza che venisse sollevato motivo di urgenza. Ma il giorno successivo l’appuntamen­to non è stato possibile». Il caso è arrivato subito in Parlamento: «Chiederò al ministro dell’interno che faccia piena luce per capire come sia potuta succedere una cosa del genere» dice il deputato Pd Nicola Pellicani deciso a fare un’interrogaz­ione. «Dobbiamo lavorare sulla riforma della giustizia, per avere tempi e procedure certe», precisa. Partendo da due cose, suggerisce il presidente della Municipali­tà di Marghera Gianfranco Bettin, che di questi casi se ne è occupato in prima persona: «O le espulsioni sono efficaci subito o queste persone vanno tenute in carcere. Non può esserci zona grigia, a volte dipende dalla discrezion­alità del giudice ma spesso queste situazioni sono frutto di una normativa imprecisa». Ordinare per legge al medico legale di tornare in servizio e al centro di aprire fuori orario? «Sì — conferma Bettin — ma è efficace per il singolo caso. Se i decreti sicurezza, invece di scagliarsi contro chi soccorre e chi organizza l’accoglienz­a diffusa, avessero precisato questi aspetti ne avremmo avuto vantaggio».

Alvise Maniero, deputato Cinque Stelle, ne fa anche una questione economica: «Sulla gestione dei centri l’italia non ha lesinato le risorse: dal salvataggi­o all’accoglienz­a si parla di miliardi ogni anno. Di fronte a un impegno del genere non possiamo avere questi risultati. Questo fatto non rende giustizia neanche a chi viene qui a pieno titolo a cercare rifugio». Una soluzione la propone il leghista Alex Bazzaro: «Un giro di vite importante sui permessi, velocizzar­e i rimpatri, stringere accordi bilaterali per favorirli e fermare gli arrivi. Io abito in questa città e questo spacciator­e violento domani potrei trovarmelo davanti».

” Il questore Voglio capire se tutti hanno adottato la giusta procedura

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