Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Autonomia all’esame dei partiti di maggioranza La riforma slitta ancora
Vertice in maggioranza, Boccia apre a correttivi ma insiste: «Sarà nel Collegato»
L’autonomia è entrata al vertice dei partiti di maggioranza ed è uscita con l’annuncio di un nuovo vertice.
L’incontro, riferiscono i protagonisti all’uscita, è stato «positivo», «costruttivo» e insomma, induce «all’ottimismo». Ma il dato di fatto è che l’autonomia esce dall’ordine del giorno del Consiglio dei ministri in agenda per oggi (dopo che già non si era andati oltre una semplice informativa in quello di lunedì) perché le forze di maggioranza hanno deciso di prendersi una settimana di tempo per rifletterci su. Ci si riaggiorna - se va bene - mercoledì prossimo.
L’incontro voluto dal ministro per gli Affari regionali Francesco Boccia e da quello per i Rapporti con il parlamento Federico D’incà, dopo le fibrillazioni che hanno attraversato i gruppi parlamentari del Movimento Cinque Stelle, di Italia Viva e di Leu, si è infatti risolto con un ecumenico rinvio. Dopo un confronto di un’ora e mezza al Senato nessuno ha detto un secco no alla riforma ma non si è detto neppure un vero sì: «Si deve approfondire». Il che di per sé non è un dramma anche se col precedente governo si è visto come è andata a furia di fare tavoli: erano contenti solo i falegnami.
«È stato un ottimo incontro - dice Boccia - abbiamo condiviso i principi e nei prossimi giorni completeremo il lavoro. Vorrei chiudere questo percorso, continuare a informare passo passo Regioni e enti locali e poi tireremo le somme con le forze di maggioranza». Quando si farà a questo punto il Consiglio dei ministri sulla riforma? «Penso che nel giro di qualche giorno potremo dare un calendario adeguato dei tempi. Avevamo promesso che sarebbe stato un disegno “collegato” alla manovra 2020 e sarà un disegno “collegato” alla manovra 2020». È possibile, però, che il fondo di perequazione strutturale da 3,4 miliardi sia anticipato già nella legge di Bilancio.
Soddisfatto anche D’incà, che cinguetta su Twitter: «L’incontro di maggioranza è stato propositivo, sono emersi alcuni elementi che meritano un approfondimento per realizzare nel miglior modo possibile una riforma necessaria». Pare che Boccia, per stemperare le tensioni emerse in questi giorni, abbia acconsentito ad alcuni correttivi alla legge quadro, purché nel rispetto di «tempi certi», «dell’unitarietà delle Regioni e con il coinvolgimento delle città metropolitane». Il ministro ha rassicurato che non c’è alcune intenzione di «fare forzature». M5S, Leu e Iv hanno chiesto di «migliorare il testo» in particolare, riferisce la senatrice renziana Daniela Sbrollini, su questi punti: il calcolo di fabbisogni standard e livelli essenziali delle prestazioni; l’inclusione della capacità fiscale per meglio tener conto delle differenze territoriali; nuove assunzioni al ministero dell’economia (o sinergie con Sose, la società del Mef che già si occupa della materia); una maggior centralità della già esistente Commissione tecnica per i fabbisogni standard, al posto della nuova unità di missione da insediare a palazzo Chigi.
E mentre riesplode la polemica sulla «sanità differenziata», stavolta alimentata dagli Ordini dei medici di Sicilia, Sardegna e Calabria, il governatore Luca Zaia si indispettisce, forse temendo una nuova, estenuante melina a Roma: «Se il governo non è in grado di approvare l’autonomia può tranquillamente andarsene a casa. Il Veneto attende una risposta se non altro per rispetto dei 2.328.494 veneti che il 22 dicembre del 2017 l’hanno votata».
Replica Alessia Rotta, vicepresidente del gruppo Pd alla Camera: «È davvero singolare l’ultimatum di Zaia. Singolare e ridicolo, vista l’inconcludenza del governo precedente in cui la Lega sbandierava ai quattro venti il vessillo dell’imminente autonomia. Viceversa, il ministro Boccia ha aperto un confronto senza forzature, né strappi. E a gennaio, come annunciato, approderà in parlamento la legge-quadro».