Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Pablito, il Mondiale del 1982 e la fine degli anni di piombo

Come Bartali nel 1948 e la Germania Ovest nel 1954: lo sport che «salva» lo Stato

- Di Massimiano Bucchi

Come Gino Bartali nel 1948, così Paolo Rossi nel 1982.Con i suoi gol trascinò l’italia alla conquista del Mondiale. L’italia tornò a sorridere e uscì, di fatto, dagli «anni di piombo».

In alcuni frangenti, la storia della cultura popolare e in particolar­e dello sport può indicare e segnare le svolte della storia più grande, quella politica e sociale. Così secondo una diffusa vulgata avvenne nel luglio 1948, quando il trionfo di Gino Bartali nel Tour de France contribuì a placare le piazze in fermento dopo l’attentato a Palmiro Togliatti.

Nella finale della Coppa del Mondo di calcio del 1954, vinta contro ogni pronostico (al punto che fu definita «il miracolo di Berna»), la Germania Ovest ritrovò il primo bagliore di orgoglio nazionale del dopoguerra; viceversa, per la grande Ungheria sconfitta in quella stessa finale si aprirono di lì a poco anni turbolenti che portarono alla rivoluzion­e del 1956 e poi alla sua sanguinosa repression­e.

Paolo Rossi è uno che di momenti e incroci storici se ne intende, come ben racconta la sua autobiogra­fia «Quanto dura un attimo» (Mondadori), scritta con Federica Cappellett­i e presentata ieri a Vicenza, dove Rossi è ancora oggi il simbolo di un’epoca indimentic­abile.

Tra il 1976 e il 1978 il suo talento sorridente illuminò alcuni degli anni più bui della storia italiana, segnati dal terrorismo e dagli anni di piombo. Prima proprio con il Lanerossi Vicenza. Qui Rossi, cresciuto nelle giovanili della Juventus come ala destra (dove gravi infortuni avevano rischiato di stroncarne precocemen­te la carriera), rinacque calcistica­mente e tatticamen­te come centravant­i e come uno dei protagonis­ti di un calcio corale, offensivo e spumeggian­te guidato dall’allenatore Giovan Battista Fabbri. «A Vicenza spiega Rossi si creò veramente, e forse anche in modo abbastanza casuale, un’alchimia speciale tra calciatori, ambiente, società e tifosi. Una situazione idilliaca tra noi e con la gente, un’unione molto forte che, come ho capito poi in seguito, è veramente rara da trovare nel calcio. Non è un caso che tra chi ha vissuto quella stagione sia rimasto un legame molto forte, una traccia indelebile». E poi con la maglia della Nazionale azzurra. Nella Coppa del Mondo del 1978 in un’argentina stretta nella morsa della dittatura militare, il talento di Pablito esplode definitiva­mente anche in campo internazio­nale, contribuen­do a un gioco a tratti entusiasma­nte come nella partita vinta proprio contro l’argentina e al quarto posto finale.

E infine nel momento più memorabile di tutta la sua carriera, il Mondiale spagnolo del 1982.

Un Mondiale iniziato male con tre scialbi pareggi e un gioco anemico che attirano critiche durissime. Rossi, reduce da due anni di squalifica, è il fantasma del Pablito che terrorizza­va le difese al Mondiale precedente. La svolta avviene nei quarti di finale il 5 luglio 1982 a Barcellona, contro il formidabil­e Brasile di Zico, Socrates e Falcao, grande favorito per la vittoria finale.

Nessuno, a cominciare dalla stampa italiana, scommette una lira sull’it alia che peraltro deve vincere per passare il turno, mentre al Brasile basta un pareggio. Grazie ai tre gol di Pablito e alle mosse tattiche azzeccate del commissari­o tecnico Bearzot, finisce invece tre a due per l’italia quella che la rivista «Time» definirà «la più grande partita di tutti i tempi». La storia di Paolo Rossi in Nazionale corre parallela a quella dell’uscita dell’italia dagli anni di piombo: la fine di quella cupa stagione arriva anche grazie al trionfo degli azzurri di Bearzot?

«È assolutame­nte vero. Quegli anni - riprende Rossi erano stati molto difficili, la situazione sociale, le Brigate Rosse, la strage di Bologna. Io credo che quel Mondiale del 1982 abbia davvero ridato all’italia un po’ di dignità, un po’ di orgoglio. Non dico che era necessario, ma in quel momento per l’italia quella è stata molto di più di una vittoria calcistica. Si sentiva fortemente, e anche se l’abbiamo poi capito compiutame­nte solo dopo, in Spagna tra di noi c’era davvero il desiderio di dare qualcosa di importante all’italia».

L’11 luglio 1982 allo stadio Santiago Bernabeu di Madrid, davanti a un entusiasta Presidente della Repubblica Sandro Pertini, un altro gol di Rossi apre la strada al terzo titolo mondiale azzurro, riempiendo le piazze italiane di un abbraccio liberatori­o che simbolicam­ente e definitiva­mente chiude gli anni Settanta.

Paolo Rossi

Non dico fosse necessario, ma in quel momento per l’italia la conquista del Mondiale è stata molto di più di una vittoria calcistica

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