Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Il pm chiama il boss «don Abbondio» Lui (dalla cella) s’infuria
La procura: tutti a giudizio. Nel mirino l’ex sindaco Teso
Il processo ai Casalesi di Eraclea che vede alla sbarra cinquanta imputati, fra cui il sindaco Mirko Mestre, si trasforma in rissa quando il pm Roberto Terzo dà del «Don Abbondio» al principale imputato, Luciano Donadio. Pare che il boss, in cella a Nuoro, non abbia gradito e abbia chiamato infuriato i suoi legali.
Pare che sentendo quelle parole abbia alzato il telefono dal carcere di Nuoro per protestare con i suoi avvocati. Perché il pm Roberto Terzo, dietro la citazione manzoniana, ha iniziato anche la «guerra psicologica» con Luciano Donadio, ritenuto il boss del clan dei Casalesi accusato di aver spadroneggiato per quasi vent’anni a Eraclea – con estorsioni e minacce, ma anche con accordi illeciti con la politica e l’imprenditoria – fino a quando lo scorso 19 febbraio è stato sgominato con 50 arresti. «Donadio ha avuto la mente criminale di don Rodrigo, ma il cuore di don Abbondio», ha detto il pm, citando alcuni dei sodali che si lamentavano che toccasse sempre a loro il lavoro «sporco» e l’eventuale galera. «Donadio - ha proseguito il pm - diceva “ti stritolo”, ma poi non andava mai lui in prima persona». Era prudente ed egoista, e alcuni dei suoi non hanno negato di essersi sentiti «strumentalizzati».
Ieri il pm Terzo ha concluso la requisitoria della procura, dopo che il giorno prima aveva parlato la collega Federica Baccaglini, chiedendo il rinvio a giudizio di tutti gli imputati che faranno l’udienza preliminare. A processo erano 76, poi l’ex sindaco di
Eraclea Mirco Mestre, accusato di voto di scambio politicomafioso, ha scelto di andare subito a dibattimento, mentre due imputati minori patteggeranno. Dei 73 rimanenti (di cui 37 accusati di associazione mafiosa), 11 hanno già annunciato con certezza l’abbreviato (tra questi l’imprenditore «pentito» Christian Sgnaolin e il poliziotto Moreno
Pasqual, ritenuto asservito al clan), mentre un’altra quindicina ci sta pensando. Il gup Andrea Battistuzzi ha dato tempo fino al 5 febbraio. Tra questi potrebbe esserci un altro ex sindaco di Eraclea, Graziano Teso, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa. E proprio su Teso ieri il pm si è dilungato, spiegando che dopo l’elezione del 2005 aveva aiutato Donadio e l’amico-imprenditore Graziano Poles a vendere un hotel valutato 6 milioni di euro; un favore, secondo l’accusa, per ringraziarli di un finanziamento elettorale di 20 mila euro, secondo le dichiarazioni di Sgnaolin. Tra l’altro, pochi giorni dopo gli arresti, al pm arrivò una busta anonima con una foto di Teso e Donadio ritratti insieme.
L’accusa ha raccontato che il gruppo si era insediato a Eraclea probabilmente portando i soldi dei Casalesi, ma poi si è reso autonomo. Ha spiegato come fosse evidente l’attenzione di Donadio all’«immagine», con i suoi uomini spesso schierati in piazza a Eraclea a far vedere che c’erano, dove spesso si accaparravano anche i posti auto come se fossero loro. Nessuno fiatava, addirittura avevano intimidito anche qualcuno delle forze dell’ordine. «Erano arrivati a sentirsi intoccabili», ha detto Terzo. E poi ha spiegato come grazie agli agganci in banca (a processo ci sono due ex direttori, Marco Donati e Denis Poles) riuscivano a compiere operazioni che avrebbero dovuto essere segnalate come sospette, per esempio operando su conti formalmente non propri. Poi hanno parlato le parti civili: Presidenza del Consiglio e ministero dell’interno, Cgil e l’associazione Libera. Le difese inizieranno il 23.