Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Sul filo Ca’ della Robinia ma anche Veneto Banca

- Di Milvana Citter

L’orologio della prescrizio­ne corre. Ed è un tic tac inesorabil­e per alcuni dei processi più importanti che si stanno celebrando in Veneto. Uno su tutti quello per il default di Veneto Banca. Dove tra filoni d’indagine ancora aperti vi è per ora solo una richiesta di rinvio a giudizio, per l’ex amministra­tore delegato Vincenzo Consoli per aggiotaggi­o, ostacolo alla vigilanza e falso in prospetto. E la prescrizio­ne è già praticamen­te certa per il falso in prospetto se non avrà una sentenza definitiva entro il giugno di quest’anno, alla fine del 2021 per l’aggiotaggi­o e al dicembre 2023 o agosto 2024 per l’ostacolo alla vigilanza. A rischio prescrizio­ne anche le accuse di truffa aggravata nel processo Ca’ della Robinia, la fattoria didattica per disabili finanziata con fondi regionali e trasformat­a in una birreria. Il dibattimen­to si è appena aperto a Treviso, tra le contestazi­oni anche corruzione e bancarotta (con termini più estesi), ma che per la truffa ai danni della Regione rischia di finire in una bolla di sapone. Ci sono poi quelli che sono già andati in archivio, come il processo Pantano che aveva visto condannati dieci imputati per turbative d’asta, corruzione e malversazi­one a Padova. Colpa dei tempi della giustizia? «No, succede perché la quantità e le qualità delle risorse non sono adeguate al sistema attuale di obbligator­ietà dell’azione penale». A parlare Carlo Citterio, presidente della Seconda sezione penale della Corte d’appello di Venezia. È qui che approda il 35 per cento dei ricorsi sulle sentenze di primo grado. Nella Seconda sezione penale ci sono sei magistrati e hanno in carico 5.500 fascicoli pendenti. «Sono circa mille fascicoli ciascuno ed è chiaro che non riusciremo a trattarli tutti entro l’anno». Difficile fare una statistica di quanti di quei processi finiranno con la prescrizio­ne, perché come continua Citterio «le variabili sono molteplici. Ci sono reati che si prescrivon­o in 25 anni come quelli in materia di stupefacen­ti, ma se siamo di fronte a una condanna di primo grado a 10 anni non possiamo certo aspettare. E se riesco a farne uno entro i termini per la Cassazione, ne lascio sicurament­e da parte un altro». Perché il problema è sempre lo stesso: «Le risorse non bastano – conclude il presidente -. Allora o si attrezzano i tribunali con un’adeguata dotazione oppure si riducono i fatti che costituisc­ono reato e si va verso una sanzione amministra­tiva. Il problema della giustizia italiana è organico, ma viene affrontato ogni volta per comparti singoli e così la soluzione è lontana».

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Il magistrato Carlo Citterio
Presidente Il magistrato Carlo Citterio

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