Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Regionali, il Pd spacca i Cinque stelle
D’incà spinge l’alleanza di governo: «Dopo l’emilia voto su Rousseau. Il perno è l’autonomia»
L’ipotesi di chiudere l’alleanza con il Pd alle prossime Regionali divide il Movimento 5 Stelle. «Per battere Zaia dobbiamo replicare lo schema di governo nazionale ha spiegato il ministro D’incà - dobbiamo spingere sull’autonomia e sulla manovra che può portare benefici al Veneto». All’assemblea di ieri, però, la base spingeva per la corsa solitaria («Se andiamo col Pd perdiamo i voti e la faccia») e allora D’incà ha rilanciato: «Si voti su Rousseau».
L’impressione è che ormai esistano due Movimenti 5 Stelle, nel Movimento 5 Stelle, e il redde rationem lo si vedrà il 15 marzo in occasione degli Stati generali pentastellati. Per quel che riguarda il Veneto, la spaccatura tra i «puristi» che vorrebbero tornare alle origini, costasse pure non contare niente e ritrovarsi in quattro gatti, e i «governisti» che vorrebbero continuare a manovrare le leve del comando, e pazienza se per farlo ci si deve «contaminare», è emersa in modo plastico ieri all’hotel Piroga di Selvazzano, dove si è tenuta l’assemblea chiamata a decidere come il Movimento si debba presentare alle prossime Regionali: da solo, con una civica di supporto oppure insieme al Pd (e, de relato, a Coalizione Civica)?
Va dato atto al ministro per i Rapporti con il parlamento Federico D’incà di aver avuto coraggio: davanti a un uditorio graniticamente schierato per il no ai dem (se qualcuno era a favore, non ha preso il microfono per dirlo; i parlamentari hanno tenuto una linea ambigua, della serie: col Pd si lavora bene e le responsabilità di governo impongono di turarsi il naso, ma decidete voi), D’incà si diceva ha perorato con forza la necessità
”
Con il Pd Dobbiamo replicare contro Zaia l’alleanza col Pd messa in campo contro Salvini. Faremo l’autonomia
di replicare anche in Veneto contro Zaia lo schema messo in atto a Roma contro Salvini. «Dobbiamo contrapporre al governo regionale, e ai suoi 14 miliardi di bilancio, il governo nazionale, con gli 800 miliardi della manovra - ha spiegato il ministro -. Dobbiamo spiegare che sarà questo governo, formato da noi e dal Pd, a dare al Veneto l’autonomia tradita dalla Lega, perché con Boccia stiamo lavorando bene e potremmo arrivare ad approvare la legge quadro prima delle elezioni. Sarebbe la dimostrazione che noi siamo “i fatti”, contro il partito delle chiacchiere. Possiamo sostenere un candidato civico (e l’identikit è quello di Arturo
Lorenzoni di Coalizione, ndr) ma contro Zaia servono le spalle larghe, altrimenti non c’è speranza di farcela».
Ma i Cinque Stelle vogliono farcela? L’impressione ricavata all’hotel Piroga è: no. Lo smarrimento provocato dall’essersi ritrovati all’improvviso al timone del Paese, il doppio sbandamento tra Lega e Pd, la diaspora dei parlamentari, la messa in discussione di Di Maio e perfino di Casaleggio sembrano aver convinto i più della necessità di una catarsi che passi per la corsa solitaria, percentuali risicate, il ritrovarsi pochi, sì, «ma buoni». Una linea incarnata dal capogruppo in Regione Jacopo Berti ma condivisa da molti tra i presenti, complice il fatto - ammesso dall’ex consigliera di Montecchio Sonia Perenzoni - che contrariamente a quel che si pensa, in Veneto molti elettori del M5s sono ex elettori leghisti, o comunque più contigui a quel mondo che a quello progressista («Tanti ci dicevano “Bravi!” quando eravamo alleati con la Lega. Io col Pd non ci metto la faccia, mi spiace»).
Capita l’antifona, D’incà proverà a dilatare i tempi sperando in un ravvedimento. Berti, che ieri proiettava meme che di sicuro non avrebbero fatto ridere Zingaretti & co., deciso a sfruttare il momento ha presentato una road map serratissima, che già la prossima settimana vorrebbe arrivare al voto sui candidati da mettere in lista. D’incà ha invece suggerito di aspettare il voto in Emilia, organizzare una nuova assemblea regionale e far decidere agli iscritti, con un voto su Rousseau, se allearsi o meno col Pd. Un po’ com’è accaduto in Umbria e difatti un attivista è subito balzato sul palco: «Vogliamo votare su Rousseau? Bene, ma per il Veneto votano i veneti, non i campani e i pugliesi!»
Di candidati presidenti, visto il contesto, non s’è parlato minimamente. S’è accennato al programma, con poche novità (ambiente, Pfas, banche) ed un’ammissione di colpa da parte dei consiglieri uscenti, che si ricandideranno tutti col solo Berti a meditare il passo indietro: «Nel 2015 avevamo molto entusiasmo ma nel programma abbiamo messo cose impossibili da realizzare, arrivati a Venezia abbiamo scoperto che non erano manco di competenza della Regione... evitiamo di ripetere l’errore, per questo abbiamo creato i gruppi di lavoro».
”
A metà
Le idee devono arrivare al governo, chiediamoci se le cose è meglio contestarle da fuori o gestirle da dentro
”
Mai col Pd
Non riusciremmo mai a spiegare sul territorio una simile alleanza, non ci voterebbero e io la faccia non ce la metto