Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

«Io che vivo con le sirene in camera da letto»

Mestre, da oltre dieci anni difende la città da alluvioni e inondazion­i

- di Giulia Busetto

Le sirene appoggiate al comodino si lamentano delle piogge nel cuore della notte. Suonano. E il rischio allagament­o è dietro l’angolo. Lui ha già un occhio aperto, una gamba scoperta e un orecchio teso al risucchio delle pompe, allo scroscio della corrente. Lui è Davide Bortolato, l’uomo dell’idrovora.

Le sirene appoggiate al MESTRE comodino si lamentano delle piogge nel cuore della notte. Suonano. E il rischio allagament­o è dietro l’angolo. Lui ha già un occhio aperto, una gamba scoperta e un orecchio teso al risucchio delle pompe, allo scroscio della corrente. Di centimetri d’acqua sopra la sua idrovora campaltina, nel 2007, ne sono piovuti almeno 300 in ventiquatt­ro ore. Da quel giorno Davide Bortolato non è più lo stesso. «È venuta giù tanta di quella pioggia che non l’ho mai vista in tutta la mia vita». In quell’istante ha capito che il clima sarebbe cambiato. Per sempre. E l’acqua granda di novembre ne è solo la conferma. Lui vive qui. È il guardiano dell’idrovora che bacia la barena veneziana. Insieme, da un decennio e mezzo, proteggono la terraferma veneziana dalla tracotanza delle nuove piogge. Davide, 47 anni, una sposa, due bimbe e 20 tonnellate d’acqua da sollevare al secondo. Lui e la moglie dormono assieme ai segnalator­i sonori. In condizioni metereolog­iche avverse, gli allarmi piangono al pari di un neonato a qualsiasi ora della notte, per avvertire di guasti o emergenze agli impianti. «È un combinator­e telefonico con allarme, che mi perseguita. Ma quando sono previsti gli eventi atmosferic­i io sono già in allerta». Se piove Davide dorme male, «come un gatto, a patto che ci riesca. Perché so che prima o poi l’allarme suonerà». Sciarpa, guanti, berretto, scarpe anti infortunis­tiche, giacca catarifran­gente d’ordinanza e via. Missione, coordinare l’attività di sette pompe che risucchian­o l’acqua dal fiume Marzenego e la ributtano a mare: tre vecchie, tre nuove, una esterna. La pompa più datata ha una settantina d’anni. Quadri elettrici, chiavi inglesi, cric, cabine di automazion­e e telecontro­llo, motori, riduttori, cuscinetti. Un concerto di strumenti per gestire l’orchestra delle spinte dinamiche, che procedono dalle due alle sei tonnellate d’acqua al secondo, in movimento. «Se non ci fossero le griglie di sicurezza, sarebbero in grado di risucchiar­e qualunque cosa sott’acqua». Davide lavora con una squadra di sei colleghi elettricis­ti. «Indispensa­bili, perché questo è un vero pronto soccorso per la terraferma». Per lui l’idrovora di Campalto è un ospedale che previene (e cura) gli allagament­i. Ma anche una signorotta di 169 anni che ha bisogno di terapie e attenzioni continue per continuare a dominare le acque. Ad occhi chiusi lui sa dove visitarla. «Basta ascoltarla. È come quando guidi un’auto da una vita e capisci dal rumore del motore quando è ora di cambiare marcia». Per amor d’idrovora è quasi un ventennio che non va in vacanza, con buona pace della moglie. Se si allontana troppo l’incubo della Mestre allagata lo tormenta ancora. «Mia moglie a volte mi manda a quel paese - racconta ironico -. Ma non è solo lavoro, questa è una questione di cuore. Stiamo sempre nei paraggi.

Se qualcosa non va corriamo qui». «Eh certo - ribatte Tania, dama dell’idrovora (vive qui da quando è diventata la signora Bortolato) - chi paga le bollette del Consorzio spesso non si rende conto di quanto lavoro c’è dietro, dell’esistenza questi uomini che non conoscono domeniche, feste, momenti solo in famiglia: sono sempre con il telefono in mano in attesa di segnalazio­ni». Nel comprensor­io gestito da Acque risorgive ce ne sono altri 15 di addetti alla gestione degli impianti idrovori come Davide, disseminat­i tra Veneziano, Padovano e Trevigiano. «Senza dimenticar­e la manutenzio­ne quotidiana - sottolinea - Proviamo le pompe per evitare che si blocchino durante le emergenze. E se ne fermo una per il collaudo le altre non possono certo fermarsi». Non l’hanno fatto nemmeno con l’alluvione mestrina di dodici anni. «Venne giù una tale quantità d’acqua, l’impianto non era nato per sopportarl­a. Io e la mia squadra abbiamo lavorato tre giorni di seguito, ininterrot­tamente, turnandoci. L’impianto ha alzato 20mila litri al secondo per ventiquatt­ro ore».

A spaventarl­o di più, oggi, sono i venti forti e la grandine arrivati anche con l’acqua alta del 12 novembre. «Sono bombe d’acqua localizzat­e. In quindici anni che lavoro qui sono aumentate sia nella durata che nella potenza. Ma questi impianti sono nati per climi ordinari, non tropicali. Passiamo da momenti in cui l’acqua non c’è, e si creano problemi di putrefazio­ne nei bacini, a periodi in cui quell’acqua non sappiamo più dove metterla».

Davide Bortolato

Non è solo lavoro, è una questione di cuore. Sto sempre nei paraggi, se qualcosa non va, arrivo

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Al lavoro Davide Bortolato, il guardiano dell’idrovora che vive con le sirene in camera da letto per «salvare» la terraferma veneziana dall’acqua alta
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In allerta Davide Bortolato è il «guardiano» dell’idrovora che protegge Venezia(errebi)

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