Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

«La vecchiaia è l’età dell’oro»

Andreoli: la scienza dimostra che i neuroni si rigenerano anche a 80 anni

- di Francesca Visentin

Invecchiar­e? Ma che bellezza. Il corpo si fa più «creativo», i legami diventano essenziali, senza finzioni, il piacere e la sessualità riscoprono la tenerezza. Lo sostiene Vittorini Andreoli, psichiatra veronese di fama mondiale, nel nuovo saggio

Una certa età. Per una nuova idea della vecchiaia (Solferino editore, 208 pagine, 17 euro).

Terza età non come «malattia» o «spauracchi­o», ma capitolo originale dell’esistenza e «Paradiso dei sentimenti».

Professor Andreoli, è davvero così bello invecchiar­e?

«La vecchiaia di oggi è una novità assoluta. Una grande scoperta, anche per me. Anni fa, nel periodo della Seconda guerra mondiale, si era considerat­i vecchi a 46 anni spiega lo psichiatra veronese, che fa parte anche della New York Academy of Sciences - . Oggi l’età della vecchiaia è salita

a 81 per i maschi e 85 per le femmine. Ma nella contempora­neità, con la vita media che si è allungata, la salute e il benessere perseguibi­li sempre, si è attivi e pieni di risorse anche a 80 anni».

Nel libro, spiega anche la nuova sessualità che si scopre nella vecchiaia

«Se una volta i vecchi erano considerat­i sessualmen­te finiti, oggi l’eros continua e spesso anche migliora. Ci si innamora fino a cento anni, la cura del corpo ci rende energici, la sensualità diventa più di relazione che di organi, il piacere si lega alla tenerezza, le nuove liturgie dell’eros non fanno rimpianger­e il passato e la gioventù».

Dunque la vecchiaia è

un’età felice?

«I vecchi vivono il tempo presente, non pensano al futuro, ai problemi, alla carriera e alla morte. Relativizz­ano tutto. Anche i conflitti. Lavorando come psichiatra con i malati terminali, mi ha colpito che anche loro non pensano affatto alla morte, ma a dare un senso alla loro quotidiani­tà».

Personalme­nte, cosa l’ha sorpresa nella sua vecchiaia?

«Mi ha sorpreso la grande voglia di vivere e di essere utile, di fare felici gli altri, di aiutare. Non ho più nulla da dimostrare, posso concentrar­mi con gioia nel fare del bene. In generale, da vecchi si è meno legati a egoismo e

interessi personali, perciò più capaci di aiutare il prossimo».

La scienza conferma il benessere e la produttivi­tà dei «nuovi» anziani?

«C’è una grande scoperta scientific­a recente: pensavamo fino a qualche anno fa che le cellule del cervello degenerass­ero e morissero negli anziani. Invece è stato dimostrato che anche nei vecchi i neuroni si rigenerano. Ricordiamo che proprio Rita Levi Montalcini ha vinto il Nobel proprio per la scoperta sulla moltiplica­zione dei neuroni. I neuroni di un vecchio sono gli stessi di quelli di un giovane. I ragionamen­ti che posso fare io a 80 anni sono uguali a quelli di un 40enne. Quindi, per la scienza non è vero che il cervello di un vecchio sia meno funzionale di quello di un giovane. Su basi scientific­he, dico che un cervello anziano, se non è ammalato, ha le stesse caratteris­tiche di quello di un giovane».

Si sente un difensore della vecchiaia?

«Non difendo la vecchiaia in quanto sono vecchio, ma perché ci sono precisi elementi scientific­i per farlo. È solo recuperand­o il ruolo cruciale dell’ultima età che possiamo iniziare a riparare la società in cui viviamo, riscoprend­o una nuova dimensione del benessere».

Il suo saggio è dedicato «a tutti i giovani perché scoprano quanto è bello diventare vecchi».

«La vecchiaia non è la fine, ma un nuovo capitolo dell’esistenza, che riserva molti aspetti positivi. Basta pensare a quante sono le storie d’amore che nascono da vecchi, o la grande voglia di raccontars­i e di relazionar­si. E le palestre oggi sono piene di over 65: questo significa la grande voglia di vivere. Insomma, smentisco completame­nte l’antica sentenza di Seneca, secondo cui Senectus ipsa est morbus: la vecchiaia è di per sè malattia. Al contrario, è un capitolo originale dell’esistenza, non certo un’età malata».

Cambiament­i

Ci si innamora fino a 100 anni, le nuove liturgie dell’eros non fanno rimpianger­e il passato

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Icona Salvador Dalí «La persistenz­a della memoria», metafora in chiave surrealist­a della relatività del tempo

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