Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
L’infermiere: «Siamo stremati, ma non chiamateci angeli»
Vivono l’emergenza in prima linea, senza contare le ore di lavoro, divisi tra i malati «ordinari» e i pazienti contagiati dal coronavirus. Sono gli infermieri del Veneto: 35mila e sembrano sempre pochi. «Mai come in questo momento stiamo dando l’anima — ammette Marco Contro, presidente del Coordinamento regionale —. Siamo massacrati dai turni, oltre ad adempiere a un doppio carico di lavoro dobbiamo sostituire i colleghi in quarantena, saltando ferie e riposi. In più nei reparti di degenza non sono arrivate le mascherine con il filtro: le Usl le hanno ordinate però non si trovano e allora la precedenza va ai Pronto Soccorso».
E anche lì gli infermieri non hanno vita facile. «Devono continuamente mettere e togliere le protezioni, a seconda del paziente che arriva». Ma non chiamateli nè angeli nè eroi: «Macchè, siamo professionisti seri, facciamo il nostro mestiere con responsabilità e senso del dovere. Anche noi abbiamo paura, soprattutto di portarci agenti patogeni a casa, dove ci aspettano bambini e anziani, maggiormente esposti. E poi, più aumentano lo stress, la fatica e i turni e più cresce il rischio di errore». Eppure in diversi, negativi al tampone ma venuti a contatto con pazienti infetti, hanno firmato il modulo di assenso per restare al loro posto. «Speriamo di ottenere un giusto riconoscimento a tanta dedizione — chiude Contro —. Non siamo superuomini». (m.n.m.)