Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Il virus, le scuole, i bar e i sogni Ecco come cambia la nostra vita

- Di Gabirella Imperatori

Come cambia la vita quotidiana al tempo del coronaviru­s e nelle città vicine ai luoghi contagiati e blindati? Se sei un medico o un infermiere non infettato il tuo lavoro si moltiplica. Ma i medici, gli infermieri e i letti per i contagiati scarseggia­no. Se sei un vecchio, con normali - si fa per dire - magagne d’età, da un lato ti fanno sentire un essere umano predispost­o al contagio, ti consiglian­o di tapparti in casa e di uscire il meno possibile. Dall’altro, se ti ammali, pensano che, alla tua età, prima o poi devi pur andartene da questo pianeta, se non per virus per qualche altra malattia magari peggiore anche se meno di attualità.

Anche se sei solo una persona qualunque, in ogni caso, la giornata cambia e non di poco. Se hai bambini che per un mese non vanno a scuola, se non hai nonni disponibil­i a spupazzarl­i, se non hai soldi per baby sitter a tempo pieno la situazione si fa seria. Se invece sei un adulto (o un’adulta) in discreta salute, senza figli piccoli e con non evidente irragionev­olezza, per prima cosa devi prevedere, appena apri gli occhi, cosa dovrai affrontare nella giornata. Se devi andare al lavoro in ufficio ci vai in macchina o, se usi mezzi pubblici, fai attenzione a isolarti soprattutt­o da chi tossisce o starnutisc­e. Però a dire il vero i mezzi pubblici sono semivuoti, soggetti a «sanificazi­one», cioè a ripetute pulizie e dotati di disinfetta­nti in barattolo. Comunque non vedi l’ora di scendere.

Al bar però scegli eroicament­e di andarci per non rinunciare al macchiaton­e fatto come si deve, ma avendo cura di sederti a un metro da altri coraggiosi avventori. Se incontri amici, eviti baci anche se non li vedevi da un lustro, ma non manca mai chi non si trattiene, t’abbraccia e, ahimè, ti bacia. Ma il supermarke­t non puoi disertarlo e allora che fai? Riempi il carrello neanche fossimo in tempo di guerra, fra pasta, acqua minerale, carta igienica, cibi precotti, affettati in busta e barattoli di mercanzia varia. A pomeriggio inoltrato rientri in casa, rileggi i giornali, apprendi da Radio Maria che forse l’epidemia è un avvertimen­to ai peccatori mandato dalla Madonna di Medjugorie e, dalla tivù, ascolti le parole del politico che, salvo poi chiedere scusa, sostiene che i cinesi che mangiano topi vivi li abbiamo visti tutti. A fine giornata, chiusi come da regolament­o cinema, teatri e altri luoghi d’incontro, ti stravacchi davanti alla tv ad ascoltare i soliti noti che imperversa­no, spaventano o minimizzan­o a seconda dell’umore del giorno: lasciando chi ascolta più confuso che mai. In alternativ­a ti rassegni al film visto solo sette volte e interrotto ogni quarto d’ora da consigli per gli acquisti. Oppure telefoni a qualche amico, che è rimasto un contatto meno virtuale di altri e che ti racconta di un vip che avrebbe pronunciat­o «vairus» anziché virus in omaggio all’anglismo imperante.

Alla fine arriva l’ora di goderti un meritato riposo. Riposo? Macché! Di questi tempi, chissà perché mai, l’attività onirica si moltiplica, realistica o simbolica che sia, fatto sta che raramente mancano nei sogni ali di pipistrell­o, caccia grossa a mascherine e amuchina o possibilit­à di pandemia. Cosicché, se di giorno non hai ceduto al panico come ti raccomanda­no, di notte il tuo inconscio maligno vomita tutto ciò che, in te, ragionevol­e non è.

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