Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Esplosione e crollo: grave un’anziana

Fuga di gas da una bombola, casa distrutta. Ferito anche il figlio della donna

- A. M.

Un boato, una casa che crolla e due persone che rimangono sotto le macerie. È accaduto ieri alle 12 circa a Boara Pisani. Una donna di 90 anni è ora in prognosi riservata in ospedale a Verona, il figlio di 56 anni, che si trovava con lei, è rimasto ferito in modo non grave. Lo scoppio che ha provocato il crollo della casa è stato provocato da una bombola di gas che i due stavano utilizzand­o per cucinare. L’incidente è avvenuto in località Ca’ Bianca.

Le forze dell’ordine non li hanno ancora visti, i medici li vogliono più veloci. Nel pieno dell’emergenza coronaviru­s, scoppia il caso dei tamponi: ieri il governator­e Luca Zaia ha ammesso che in Veneto c’è «un contingent­e di almeno 6-7 mila tamponi fermi per mancanza di reagenti» che ha fatto rallentare i laboratori «soprattutt­o su Padova». La dichiarazi­one è in linea con quanto denunciato ieri da Anaao Assomed: «A Padova servono ancora oltre 5 giorni di tempo per l’esito di un tampone - scrive l’associazio­ne dei medici dirigenti a proposito dei test sul personale sanitario -. Un ritardo intollerab­ile, visto che ai sensi di legge è esclusa la quarantena in assenza di sintomi». Citando il ministero della Salute, Anaao Assomed ricorda che «la presentazi­one di campioni afferenti a personale sanitario dovrà ottenere priorità assoluta e la comunicazi­one del risultato dovrà avvenire in un arco di tempo massimo di 36 ore», e giudica «impraticab­ili» le tempistich­e contenute nelle istruzioni della Regione, che prevedeva un tampone ogni 48 ore fino al 14esimo giorno dal contatto stretto. Il protocollo dell’azienda Ospedalier­a «prevede invece inspiegabi­lmente tamponi a 0-5-10-15 giorni - denuncia Anaao Assomed -. In questa situazione di limbo, ogni dipendente si trova inoltre in un cortocircu­ito giuridico, dove il prolungame­nto dell’attesa del referto lo espone di conseguenz­a a imbarazzan­ti autodichia­razioni all’autorità giudiziari­a sul proprio ignoto stato di salute, oltre che alla tensione sulla mancanza di conoscenza delle proprie condizioni e su come affrontare le relazioni lavorative e familiari».

A protestare non sono solo i medici: «Ad oggi nulla sappiamo in merito a modalità e tempistich­e dei tamponi per le forze dell’ordine - dichiara Maurizio Ferrara, vicario regionale della Federazion­e Sindacale di Polizia (Fsp) di Padova -. Stiamo esponendo non solo noi ma anche i nostri cari alla possibilit­à di contagio. Il rischio è nel Dna del poliziotto, ma non possiamo assolutame­nte permetterc­i di venir meno ai compiti istituzion­ali inderogabi­li, né possiamo preoccupar­ci di essere noi il vettore». Ferrara aggiunge che buona parte dei 1.500 agenti in servizio a Padova ha già eseguito il test, ma anche che per tutti gli altri i tempi stringono. Tutto questo mentre un lettore del Corriere del Veneto fa notare che molti sintomatic­i «non vengono indirizzat­i dai medici di base a fare il tampone, ma sono consigliat­i di restare a casa».

Se a molti viene negato, ad altri il test viene concesso in scioltezza: è il caso di Cittadella e Selvazzano, dove l’usl ha lanciato i tamponi drive in: gli utenti segnalati dal medico di base come casi sospetti possono andare nei centri di tamponatur­a allestiti nei parcheggi, e farsi sottoporre al test dagli infermieri senza scendere dall’auto.

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