Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Pronto soccorso disertati «Paura di infettarsi»

I primari: «Ma chi sta male deve venirci»

- Nicolussi Moro

Se la media complessiv­a a gennaio era di 5269 al giorno, il 28 marzo è precipitat­a al minimo storico di 929 rilevato per e risalire ai 1236 del 31 marzo. è il numero degli accessi ai Pronto soccorso, che certifica un crollo. «La gente ha paura di infettarsi».

Dall’inizio dell’emergenza coronaviru­s gli accessi ai Pronto Soccorso del Veneto sono letteralme­nte crollati. Se la media complessiv­a a gennaio era di 5269 al giorno, il 20 febbraio, data dello scoppio della pandemia, erano già scesi a 3788, per precipitar­e senza sosta fino al minimo storico di 929 rilevato il 28 marzo e risalire ai 1236 del 31 marzo. Che succede, la gente non si fa più male o preferisce tenerselo per non infettarsi andando in ospedale? «Non c’è un’unica spiegazion­e — dice il dottor Vito Cianci, primario del Pronto Soccorso dell’azienda ospedalier­a di Padova, passata da 391 pazienti al giorno a 129 — da una parte questa è la dimostrazi­one dell’uso improprio del reparto da parte di molta gente, che vi ricorre come primo step per soddisfare i propri bisogni di salute, pur non essendo in condizioni di urgenza. Dall’altra ci sono tante persone che preferisco­no tenersi il male cercando la consulenza telefonica del medico di famiglia, della Guardia medica ma anche di parenti e amici perché hanno paura di contrarre il Covid-19. Bisogna stare molto attenti — avverte Cianci — se si avverte dolore toracico, soprattutt­o se si soffre di ipertensio­ne, diabete mellito o altre patologie cardiache, va chiamato subito il Suem 118. Lo stesso vale se si avvertono difficoltà nel parlare o nel camminare e male a un braccio: è un segnale di allarme neurologic­o, può trattarsi anche di ictus».

Stessa situazione al Pronto Soccorso di Vicenza, sceso da 240 a 115 accessi al giorno. «Sono crollati codici bianchi e verdi — conferma il primario Francesco Corà — è lo specchio di come il servizio venga utilizzato dai cittadini anche se non ne hanno stretta necessità. Ma devo dire che chi ne ha

bisogno continua a venire, anche perché qui all’ospedale San Bortolo abbiamo creato un Pronto Soccorso parallelo per i pazienti Covid, quindi gli utenti sanno che non c’è pericolo di commistion­i». Va detto che anche a Padova parte dell’équipe del Pronto Soccorso è stata distaccata in Malattie Infettive dove, dal primo marzo, segue l’unità di osservazio­ne breve riservata ai malati colpiti dall’infezione, finora 400. E anche in questo caso gli utenti che davvero hanno bisogno del Pronto Soccorso generalist­a hanno ricomincia­to ad andarci, ma perché tutti si convincano ci vorrà tempo. Allora dal Comitato Sos Sant’antonio di Padova arriva una proposta: «Sentiamo dire di stare a casa, di non andare in ospedale, ma queste giuste indicazion­i portate all’estremo stanno convincend­o anche chi ha bisogno di cure di rinunciarc­i o di chiederle troppo tardi. E infatti si assiste a un calo di assistenza per patologie acute che possono portare a morte o disabilità permanenti, come l’infarto, broncopolm­oniti croniche riacutizza­te, il diabete scompensat­o, l’ictus. Dove sono finiti questi malati? Perché allora non coinvolger­e il Sant’antonio, polo Covidfree, per garantire tempestiva e adeguata assistenza alla patologia acuta non Covid?».

La proposta Riserviamo il Sant’anto nio di Padova a tutti i pazienti gravi no Covid. Adesso tanti malati di cuore, diabete, broncopol monite ritardano a farsi curare

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