Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
In un mese bruciati 12 miliardi
Confindustria: non si parte con un click, i sindacati: con la cig stipendi dimezzati. Luxottica reintegra con un bonus
Dodici miliardi di Prodotto interno lordo persi in un solo mese: il Veneto inizia a fare i conti con la crisi. Ogni anno il Pil arriva a 150miliardi di euro ma è già certo che il 2020 sarà segnato dal segno meno. E a oggi sono già 7mila le richieste di Cig in deroga. Gli industriali sollecitano la politica: «Va immediatamente pensato un piano per il new normal, perchè nulla sarà più come lo conosciamo», dice Confindustria Vicenza. Ripartire costerà caro e molte aziende non ce la faranno.
«Per ripartire non basterà un click». È il laconico grido d’allarme del presidente degli industriali vicentini Luciano Vescovi lanciato ieri mattina ancora prima di sapere dal presidente Luca Zaia che il Veneto in un mese di
lockdown ha perso tra i 12 e 13 miliardi di euro di Prodotto interno lordo a fronte di una media di 150 l’anno. Ma non sono solo le ingenti perdite a far tremare l’imprenditoria (e i sindacati) della regione.
Riavviare le macchine portate oggi al minimo, se non addirittura spente, far ripartire le commesse in Italia e all’estero, dotarsi di materie prime e, soprattutto, far rientrare in azienda i lavoratori nel massimo della sicurezza ha un costo, quale sarà non è ancora stimato - «è impossibile farlo, non è una “normale” crisi, nessuno ha mai affrontato un’emergenza sanitaria di questa portata», dicono tutti, industriali e sindacalisti - ma il prezzo da pagare sarà elevato. Serviranno protocolli e meccanismi di lavoro sicuri, innanzitutto, e già da ora Vescovi incalza il governo perchè si definisca «come gestire il new normal, che sarà diverso dal vecchio mondo che forse è il caso di dimenticarci per un po’». Un punto su cui rappresentanti degli imprenditori e dei lavoratori concordano: «Nulla sarà più come prima», incalza Gianfranco Refosco, segretario veneto di Cisl.
Ogni trimestre le associazioni degli industriali monitorano l’andamento degli associati ma quest’anno il questionario che dopo Pasqua sarà inviato non riguarderà solo fatturato, import, export e occupazione: serve uno screening di cosa sta avvenendo nelle fabbriche. Ed è quello che cercherà di fotografare Confindustria Vicenza, forte di 1.700 aziende, per prepararsi a un futuro prossimo a tinte fosche. «La tesi che qualcuno va predicando per cui, alla ripresa, ci sarà un rimbalzo strepitoso, la cosiddetta curva a V, non troverà riscontro nella realtà - continua Vescovi - La ripartenza sarà difficilissima per chi riuscirà a ripartire perché, siamo seri con le persone, c’è chi non ripartirà. Si sappia anche che ogni giorno che passa segna la fine di qualche centinaio di aziende che chiuderanno per sempre. Quindi, giusto per smettere di prendere in giro le famiglie, che nessuno perda il lavoro è un’utopia».
Per quanto, in questo momento sindacalisti e industriali siano spesso ai ferri corti sulla riapertura (e prima sulla chiusura) delle fabbriche, la lettura dello scenario che ci troveremo di fronte non è diversa: «L’impatto dell’emergenza sarà tale che sarà da mettere in campo una ricostruzione post-bellica»,dice Christian Ferrari, segretario veneto di Cgil. Refosco prova a suggerire una metodologia pragmatica di lavoro: «Contrattazione azienda per azienda - propone - perchè ci sarà chi avrà lavoro, ad esempio le aziende che hanno dovuto interrompere produzioni avviate, chi proprio non ce la farà, chi avrà bisogno di un forte sostegno e va capito se i consumi ripartiranno». E se Cgil vorrebbe «un forte intervento pubblico, una nuova Iri anche per il Veneto», ammonisce Ferrari, Vescovi si augura che Roma e Bruxelles «non perdano più tempo» e definiscano politiche da mettere in campo «perchè le aziende dispongano di liquidità propria». Senza
cioè quelle sovvenzioni che oggi sono necessarie per gestire la situazione. Che sta mettendo in ginocchio anche l’agricoltura per cui ieri Zaia ha firmato la dichiarazione di stato di crisi.
Intanto, si moltiplicano le richieste di cassa integrazione straordinaria e ordinaria in Veneto tanto che si calcola che alla fine circa 900mila persone saranno a stipendio ridotto (i metalmeccanici avranno meno del 50% del salario: «È così per circa 20mila operai del trevigiano», denuncia Fim Cisl). Fa sapere la Regione: «Sono già 7mila le domande di accesso alla cassa integrazione in deroga, per un totale di 19.500 lavoratori coinvolti. Oltre il 70% sono aziende del settore terziario, il 10% studi professionali».
Non tutti i lavoratori, in attesa di tempi migliori, dovranno però tirare la cinghia con stipendi che potrebbero non superare i 700 euro netti al mese. Alcune aziende hanno deciso di integrare la Cig con fondi propri riportando lo stipendio al 100%. È il caso di Luxottica che dà anche 500 euro di bonus a chi continua a lavorare, di Retail Italia Network della famiglia Benetton (100% più anticipo quattordicesima), di San Benedetto che oltre ad assicurare i dipendenti anticipa il premio di produzione da luglio ad aprile, della veneziana Vtp (porta buste paga dal 50% all’80%) e della giapponese birra Peroni con uno stabilimento a Padova (100% più 15% di premio per chi lavora).
Le richieste
Settemila le domande di cassa in deroga per 19.500 lavoratori attivate in Veneto