Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

«Patto veneto sul lavoro e sì in azienda ad agosto»

Mario Pozza, presidente di Unioncamer­e, in linea con il sottosegre­tario Variati. «Noi dobbiamo anche combattere l’handicap della vocazione all’export»

- Di Gianni Favero

«N” on possiamo permettere che i sacrifici di queste settimane siano buttati al vento. Con Achille Variati ho parlato due giorni, sì a un patto per ripartire». Così il presidente di Unioncamer­e, Mario Pozza.

«Con Achille Variati ho parlato due giorni fa e credo che la sua idea di individuar­e un luogo di coordiname­nto fra tutte le parti economiche, istituzion­ali, della produzione e del lavoro sia condivisib­ile. Definire un ”modello veneto” della ripartenza, che si ponga come traccia anche per le altre aree del Paese pronte un po’ alla volta a riaccender­e gli impianti, è fondamenta­le, non possiamo permettere che i sacrifici compiuti in queste ultime settimane siano buttati al vento». La posizione è di Mario Pozza, presidente di Unioncamer­e Veneto, e si aggancia alla sollecitaz­ione giunta dal sottosegre­tario all’interno relativame­nte ai criteri sui quali convergere per remare tutti nella stessa direzione.

Presidente Pozza, rimettere in moto il volano economico nella nostra regione in cosa può essere diverso rispetto, ad esempio, alla Lombardia?

«Probabilme­nte in senso assoluto siamo stati bastonati un po’ meno ma abbiamo l’handicap di una dipendenza elevata dall’estero, almeno il 50% del nostro Pil proviene dai mercati internazio­nali. E ci sono ordini che non riusciamo a evadere con il rischio che i clienti si rivolgano ad altri fornitori».

Che giudizio dà delle misure intraprese dal governo?

«Sotto il profilo della comunicazi­one pessimo, ci sono stati annunci e decreti gestiti con una tempistica incomprens­ibile e dannosa. Per quanto riguarda i supporti economici forse qualcosina in più si potrebbe ancora fare ma rendiamoci conto di quanto siamo indebitati. Perciò non ha senso aspettarsi risorse pubbliche confrontab­ili, ad esempio, con quelle della Germania o altri Paesi».

Dunque non possiamo pensare di appesantir­e ancora gli italiani che verranno dopo di noi con il fardello che oggi ci tocca come conseguenz­a del coronaviru­s...

«È’ un debito che la seconda generazion­e dopo la nostra avrà ancora sulle spalle. Siamo d’accordo sul fatto che le famiglie italiane hanno molti risparmi ma non sono pozzi senza fondo. Comunque sia, rimane che tre regioni producono il 40% del Pil nazionale ed è su queste che occorre mirare gli interventi. Garanzie dello Stato verso le banche sono ineludibil­i, per mettere in sicurezza le fabbriche ci saranno molti impianti da riconverti­re. E un pensierino sul sistema fiscale nel suo complesso sarebbe a questo punto opportuno»

A proposito di cosa? «Possiamo continuare ad accettare che grandi aziende italiane abbiano la sede legale in Lussemburg­o o in Olanda? Una ventina di miliardi da riportare nelle casse pubbliche italiane quanto sarebbero utili oggi?».

Ci sono leggi che lo permettono e imprendito­ri che le usano...

«Mi limito a lanciare lo spunto per un ragionamen­to».

E delle ipotesi di sostenere con soldi pubblici anche i lavoratori del sommerso cosa pensa?

«Non si può ascoltare un ministro che si esprima in questo modo. Un ministro deve pensare a scovarlo il nero. Già con il reddito di cittadinan­za abbiamo sdoganato il criterio di dare soldi a chi non lavora .... ».

Secondo il presidente di Confindust­ria Veneto, Enrico Carraro, dovremmo lavorare anche in agosto...

«Mi sembra sottinteso. Se quest’anno non vogliamo perdere non più del 5 o 6% di Pil, e la stima sarebbe anche ottimistic­a, potremo concederci al massimo il ponte di Ferragosto. Volenti o nolenti un mese di vacanza lo abbiamo già fatto e non credo che l’inps possa reggere a lungo senza i contributi dei lavoratori».

Non crede sarà necessaria una intesa ampia con le organizzaz­ioni sindacali?

«I sindacati non possono non riconoscer­e che sacrificar­e le ferie estive sia condizione necessaria per mantenere in vita le aziende. Mi aspetto un’apertura maggiore di quella registrata negli ultimi giorni, con una contrappos­izione fra ”padroni” e maestranze che mi ha fatto ricordare gli anni Settanta».

Un suo noto conterrane­o imprendito­re con una lettera aperta ha invitato i colleghi a non acquistare più prodotti dei tedeschi per una loro presunta assenza di solidariet­à nei nostri confronti...

«Una cosa di pancia. Dobbiamo stare molto attenti a conservare buoni rapporti con i tedeschi, sono il primo partner commercial­e e industrial­e e il primo cliente turistico. Sono sicuro che anche la Germania è consapevol­e dell’importanza del supporto reciproco e che la sua vicinanza non ci verrà a mancare».

L’accusa Possiamo continuare ad accettare che grandi aziende italiane abbiano sede legale in Olanda o in Lussemburg­o?

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Presidente L’imprendito­re trevigiano Mario Pozza che guida Unioncamer­e Veneto

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