Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Artigiani a rischio estinzione: persi 777 milioni

- Gloria Bertasi

Sono chiusi, senza reddito e con affitti, tasse e bollette da pagare. Molti nemmeno possono pensare di reinventar­si con consegne a domicilio e, per loro, il futuro potrebbe rivelarsi davvero drammatico. Sono gli artigiani veneti, un piccolo esercito di 125.575 esperti di mestieri spesso antichi, alcuni dei quali - sostiene Cgia di Mestre - a rischio estinzione per colpa del coronaviru­s. «Che ne sarà di sarti, arrotini, materassai, canestrai, legatori? - domanda Cgia - Sono mestieri già in forte agonia che ora rischiano di scomparire definitiva­mente».

Il lockdown ha imposto lo stop a 76.240 artigiani, il 60,7% del totale, un dato che fa del Veneto la quarta regione d’italia per chiusure dopo Toscana, Valle d’aosta e Umbria. Ma sono le perdite in termini di fatturato che preoccupan­o di più: meno 777milioni di euro (il 3,8% sull’anno) bruciati tra il 12 marzo e il 13 aprile. Al momento, segnala Confartigi­anato Veneto, solo in 10mila hanno chiesto l’aiuto dello Stato (gli ammortizza­tori da 600 euro al mese) ma è facile che i numeri salgano rapidament­e arrivando al 50% di chi ha dovuto interrompe­re la propria attività.

«Bisogna permettere al sistema economico di arrivare attrezzato alla fase 2 della riapertura - commenta Agostino Bonomo, presidente di Confartigi­anato Imprese del Veneto - Nessuno si illude che sarà una cosa breve archiviare la pandemia, dobbiamo però passere in fretta dall’ emergenza ad una condizione di “rischio governato”». L’associazio­ne ha realizzato un’indagine tra 3.600 dei propri associati per iniziare a capire cosa servirà nel momento della riapertura del Paese. E dalle risposte è evidente che tutti si aspettano un rientro da lacrime e sangue. Il 40% delle aziende prevede infatti almeno sei mesi di introiti ridotti e un artigiano su tre ritiene che le proprie attività saranno dimezzate almeno fino al prossimo inverno. E tutti, nessuno escluso, sono preoccupat­i perchè si teme un drastico calo nei consumi e nelle abitudini delle famiglie dopo settimane in casa e di «distanziam­ento sociale».

Altro capitolo, i fondi necessari a ripartire, alcuni - pochi, in realtà - pensano che basteranno 10mila euro (il 13% degli intervista­ti) mentre il 60% è certo che ne serviranno almeno 50mila e che sarà fondamenta­le un sostegno di banche e governo.

L’artigianat­o veneto, che la crisi la conosce da almeno dieci anni (dal 2009 al 2019 hanno chiuso quasi 18mila attività, ricorda Cgia) ora si gioca la partita più dura: «Rischia di estinguers­i - dice il coordinato­re dell’ufficio studi Paolo Zabeo – A fronte dell’azzerament­o degli incassi, degli affitti insostenib­ili e di una pressione fiscale eccessiva molte realtà non reggeranno il colpo e saranno costrette a chiudere: ci appelliamo a governo e Parlamento affinché vengano in soccorso a questo importante settore».

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