Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Ospedali, cosa cambierà dopo la pandemia
«L’emergenza coronavirus Covid-19 ha cambiato il mondo e anche il modo di progettare gli ospedali. La sanità non sarà più quella di prima, stiamo ragionando sulle prime modifiche». Il governatore Luca Zaia annuncia la riorganizzazione delle rete ospedaliera veneta, comprensiva di Covid Hospital (Belluno, Vittorio Veneto, Dolo, Jesolo, Trecenta, Schiavonia, Santorso, Villafranca e Borgo Roma a Verona) e poli generalisti. La Regione sta predisponendo un piano per il graduale ritorno all’attività programmata di entrambe le fattispecie, che nello stesso tempo introdurrà importanti novità. Si parte dagli hub di Padova, Verona, Treviso, Vicenza e Mestre e dai Covid di Santorso, Dolo e Schiavonia: le aree liberate per attrezzare più posti di Terapia intensiva (in tutto il Veneto saliti da 494 a 829), semi-intensiva (da 85 a 383) e Malattie infettive (da 165 a 1.777) saranno mantenute e isolate dal resto dell’attività finché non si spegnerà del tutto l’emergenza (gli scienziati parlano di un anno).
Una volta superata la pandemia, resteranno le Terapie intensive e semi-intensive «supplementari» (saranno smantellati solo i letti ora sistemati nelle sale operatorie e nelle Stroke Unit per la cura dell’ictus) anche negli altri ospedali del Veneto, ma lì la gestione passerà dalle Usl al Centro regionale per l’emergenza-urgenza di Azienda Zero. Le camere con le postazioni in esubero verranno chiuse e riservate ad altre eventuali situazioni di crisi. Tornando ai cinque hub e a Santorso, Dolo e Schiavonia, conserveranno pure i pre-triage del Pronto Soccorso, che però dalle attuali tende passeranno in strutture fisse e accoglieranno pazienti che potrebbero essere infetti e ai quali verrà subito fatto il tampone. I laboratori ospedalieri dovranno attrezzarsi in tal senso.
Se positivi, i malati saranno trasferiti nelle Covid-aree attraverso percorsi dedicati e separati dal resto degli utenti.
Dopo Pasqua riprenderà gradualmente dappertutto l’attività chirurgica e di specialistica ambulatoriale programmata, sospesa fino al 15 aprile, ma evitando assembramenti, quindi con numeri molto inferiori alla prassi consueta. In particolare si comincerà garantendo, oltre alle prestazioni con codice «U» (urgenti, da erogare nelle 24 ore) e «B» (brevi, da effettuare entro 10 giorni) tuttora assicurate, quelle con priorità «D» (differite), che possono aspettare fino a 30 giorni. Rimarranno sospesi gli accertamenti con codice «P» (programmabili), da esaudire entro 60/90 giorni. Nelle sale d’attesa i pazienti saranno distanziati di un metro l’uno dall’altro, gli ingressi negli ospedali saranno contingentati e all’entrata compariranno distributori di mascherine e guanti, che tutti gli utenti dovranno indossare, pena una multa. Infine, Azienda Zero terrà una dotazione di dispositivi di protezione pari a sei mesi di utilizzo (già comprati 24,5 milioni di mascherine, che Zaia chiede al governo di liberalizzare, così da poter essere vendute anche al supermercato senza rischio di sequestro). «Non parliamo di riapertura totale dell’attività programmata, perché abbiamo ancora 1558 malati Covid in
” Luca Zaia L’epidemia ha cambiato la sanità, non sarà più quella di prima. Prime modifiche dopo Pasqua
reparto e 289 in Terapia intensiva, ma di un lento ritorno alla normalità — spiega Zaia —. Vedremo i dati epidemiologici e avvieremo il piano. Un po’ alla volta i Covid Hospital torneranno gli ospedali di sempre, partendo dai Punti nascita, dove ci sono, e proseguendo da tutto quello che riusciremo a riaprire. Calma però: sento in giro una certa euforia per il rallentamento della curva del contagio. Le temperature miti ci stanno aiutando ma non piove da quattro mesi e se succede, e il termometro si abbassa, potrebbe agevolare una ripresa del virus. Ricordiamoci che dall’inizio dell’emergenza abbiamo ricoverato 3141 persone».
In effetti ieri si sono contati 323 ulteriori contagiati, complessivamente saliti a 12.021 (il 21% ha tra 50 e 59 anni, la fascia più colpita), e se è vero che altri 27 malati sono usciti dalle Terapie intensive, parametro di riferimento per l’analisi della diffusione del virus, è altrettanto innegabile un nuovo aumento delle vittime: 38 (31 in ospedale, le altre in casa di riposo), per un totale di 722. Si tratta di anziani, alcuni ricoverati da tempo. Quanto all’impennata di positivi al Covid-19 si lega pure ai 153.542 tamponi fatti finora e che aumenteranno grazie al macchinario acquistato dalla Regione per l’ospedale di Padova e in grado di processarne 9600 al giorno, effettuando in 15 minuti ciò che la tecnologia precedente eseguiva in due ore. Quest’ultimo modello olandese analizza in contemporanea quattro piastre da 300 campioni, invece di 90, e con i due nuovi estrattori già ordinati può arrivare a 20mila tamponi al giorno. Perciò si dovrebbero cominciare a smaltire anche i 9mila rimasti in arretrato. Un ulteriore aiuto arriva dall’istituto Zooprofilattico di Legnaro, che ha messo a disposizione i suoi due laboratori per processare 700 campioni a giorno.
Sempre in tema di tamponi, entro la settimana saranno conclusi su tutti gli anziani delle 336 case di riposo (30mila) e sui 22mila operatori. Quest’ultimi, se negativi potranno continuare a lavorare, sotto monitoraggio, anche se venuti a contatto con infetti. Infine si aspetta il via libera da Aifa per la sperimentazione dell’ozonoterapia.
L’ultimo modello
Il nuovo macchinario arrivato dall’olanda all’ospedale di Padova. Può processare 9600 tamponi al giorno, ma è in grado di arrivare fino a 20mila