Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

«Apra chi è in sicurezza» «Il lockdown funziona»

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Alberto Baban, presidente della rete di imprendito­ri Venetwork, teme una pandemia sociale. «Il criterio dei codici è superato riapra chi lavora in sicurezza». Per Gianfranco Refosco, segretario generale della Cisl del Veneto, «non si acceleri, il lockdown funziona».

Riaprire quando e in quanti? È un invito ad esaminare il quadro con freddezza quello del segretario generale della Cisl del Veneto, Gianfranco Refosco (nella foto). «Ci sono tanti lavoratori al loro posto già adesso, non è il caso di accelerare. Anche se su un paio di settori si impone una riflession­e».

Perché dice che non dovremmo avere fretta nel far ripartire le produzioni?

«Il rischio peggiore da evitare è che, per troppa leggerezza, si verifichi un rimbalzo dell’epidemia, ci metterebbe in ginocchio più di quanto non lo siamo adesso».

Bloccare le attività non indispensa­bili e discrimina­re con l’elenco dei codici Ateco è stata la scelta migliore?

«Se osserviamo qualche spiraglio di migliorame­nto nella curva dei contagi sono sicuro che lo dobbiamo anche al lockdown. In quanto ai codici Ateco, è chiaro che, per come funziona il sistema economico moderno, tutti i settori lavorano per filiere e definire l’attività di un’impresa è un’operazione artificios­a. Però per una prima scrematura non c’erano altri sistemi, era necessario chiudere subito almeno quelle aziende che non c’entravano nulla con le necessità inderogabi­li».

Componenti del sindacato hanno più volte criticato la «manica larga» dei Prefetti nel concedere deroghe.

«I prefetti stanno facendo un lavoro accurato di verifica, in caso di incertezza è stata mandata la Guardia di finanza a verificare. Non credo che a cercare forzature, fra gli imprendito­ri, siano stati poi in molti».

Accennava a due settori sui quali il ragionamen­to richiede un salto di qualità.

«Il primo è l’agricoltur­a, è evidente a tutti che con le frontiere chiuse e il ritorno in patria dei braccianti stranieri la manodopera è insufficie­nte. Mi sembra buona l’impostazio­ne dell’assessore regionale Giuseppe Pan di ricorrere ai Centri per l’impiego per coinvolger­e i disoccupat­i, sarebbe il caso di estendere l’argomento anche alle Agenzie per il lavoro. Poi, siamo chiari, la retribuzio­ne di un bracciante agricolo è di poco superiore all’assegno di disoccupaz­ione...».

E l’altro?

«Coincide con le produzioni rispetto alle quali abbiamo scoperto di essere in deficit. Dispositiv­i medici, vestiario, mascherine, tute, ventilator­i meccanici, reagenti chimici. È l’occasione per riflettere su una riconversi­one che può interessar­e metalmecca­nica, tessile, chimica, ma anche università e centri di ricerca. Insomma,per riappropri­arci di asset chiave che abbiamo appaltato a operatori esteri».

Quale sarà il segnale che ci indicherà il ritorno alla normalità nei luoghi di lavoro?

«Nessuno, quando ripartirem­o sarà con un nuovo schema. Per un po’ lavoreremo e vivremo con mascherine, guanti e distanziam­ento sociale, ma anche questa è l’occasione per ripensare, adesso che siamo nel limbo, la qualità degli ambienti della produzione». (g. f.)

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