Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Magical Mystery e il concerto per «Let it be»
Celebrazioni L’8 maggio 1970 uscì l’ultimo disco dei Beatles. La tribute band Magical Mystery proporrà l’esecuzione integrale: «Recupereremo in ottobre il concerto saltato»
Cinquant’anni fa, oggi, usciva «Let it be», ultimo disco dei Beatles (anche se registrato prima di «Abbey Road»), successivo all’annuncio dello scioglimento dei Fab Four. La tribute band veneziana Magical Mystery Orchestra avrebbe dovuto suonare l’intero album, questa sera, al teatro Corso di Mestre, spettacolo poi spostato in ottobre. A raccontare «Let it be» è Eddy De Fanti, fondatore e musicista dell’ensemble veneziano, esperto beatlesiano. Proprio oggi avreste dovuto tenere un concerto al teatro Corso.
Che live avevate in mente? «Il progetto dei Magical Mystery era questo: esecuzione integrale di “Let it be” preceduta dalla lettura di un testo scritto da Giò Alaimo; la seconda parte del concerto prevedeva le canzoni del nostro concerto standard, con arrangiamenti particolari ed efficaci pensati per la nostra formazione».
Quando lo recupererete e con che formazione?
«Il live sarà recuperato il 10 ottobre, data del compleanno di John Lennon, e la formazione sarà la stessa: tre chitarre, tastiere, batteria, quartetto d’archi, trio di fiati e attore».
Quanto è importante «Let it be» per la storia del quartetto di Liverpool?
«Non è tra i dischi più importanti del repertorio beatlesiano: è composto da 12 brani messi su velocemente, anche se ci sono tre canzoni che sono arrivate al top delle classifiche mondiali, Let it be, Get back e The long and winding road: tutte di Paul Mccartney».
Si ricorda dove e quando l’ha acquistato?
«Era un sabato pomeriggio di maggio del 1970. Lo acquistai a Venezia in un negozio alle Mercerie che si chiamava Brancaleon, dove era possibile trovare sempre gli Lp più recenti. All’interno il disco conteneva un servizio fotografico (tratto dal film-documentario) realizzato durante le registrazioni negli studi di Twickenham, dove i Beatles avevano girato A hard day’s night e Help».
Quali sono le tre canzoni di«let it be» che ama di più
e perché?
«Le canzoni che più mi piacciono dell’lp sono Dig a pony perché è realizzata live senza trucchi o effetti, I’ve got a feeling per il bellissimo riff di chitarra iniziale di Lennon, per gli abbellimenti solistici di Harrison, stupendi, e per la voce sensuale e graffiante di Mccartney. Ancora One after 909 un rock & roll perfetto, composto da Lennon a 15 anni».
È un disco le cui registrazioni, pressoché in presa diretta, sono segnate dalle molte discussioni tra i membri della band. Sono cose che si avvertono nell’album?
«In quel periodo Paul, per mantenere l’unità del gruppo, prese le redini del comando (John, George e Ringo, si dedicavano nel frattempo ad altri progetti), dando agli altri indicazioni e suggerimenti che spesso risultavano irritanti; quindi i litigi e le incomprensioni erano continui: l’effetto di questa tensione lo si avverte nella discontinuità creativa dell’album, che effettivamente pare manchi della coesione tipica del quartetto».
La produzione di Phil Spector è molto incisiva. È stata un bene o un male?
«Mi sono abituato alla versione di Spector con coro e orchestra; Mccartney sosteneva che The long and winding road, arrangiata in quel modo, non sembrasse più una canzone dei Beatles».