Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Derai, il regista dei nuovi classici «Contro il vuoto Virgilio in LP»

- Di Renato Piva

vedo il senso di tutte queste limitazion­i, visto quanto mi costa l’ormeggio della barca e considerat­o che l’italia pretende che io paghi le tasse per quell’abitazione...».

La pensa cosi anche Gabrielle Reschauer che produce programmi per la tivù tedesca: «Prima di rimettere piede nella mia casa al lago, vorrei almeno la garanzia di potermi davvero godere la vacanza»

Tra gli habitué della zona c’è Andreas Brehme, che a cavallo tra gli anni Ottanta e Novanta trionfò con l’inter, oltre che con la Nazionale campione del mondo. Pochi giorni fa ha messo all’asta due palloni autografat­i destinando il ricavato al nostro Paese. In un’intervista ha spiegato: «Come molti sanno ho una casa a Bardolino. L’italia mi ha dato molto e volevo restituirg­li qualcosa cercando di aiutare le persone che soffrono per il Covid-19». L’albergator­e Gino Zoccatelli è un suo caro amico: «Ho sentito Andreas poche settimane fa, si è informato su quale fosse la situazione sul lago e mi ha assicurato che verrà appena possibile. Lo spero: abbiamo bisogno di turisti». Il suo è l’hotel «Speranza», che poi è proprio quella che gli sta venendo a mancare: «Non so se riusciremo a riaprire. Il 90 per cento dei miei clienti è di lingua tedesca, e al nord sono tutti molto spaventati dalle notizie che giungono dal nostro Paese».

Marco Romano e altri residenti originari della Germania si appellano alla politica perché faccia qualcosa. Thilo Waimer, fotografo che collabora con il National Geografic e che da dodici anni vive sulla sponda veronese del Garda, la mette in questi termini: «Lì il lockdown è finito e ormai quasi tutte le attività hanno riaperto, pur con diverse cautele. E allora, perché i miei connaziona­li dovrebbero prenotare le vacanze qui, se non sanno neppure cosa potranno fare e cosa sarà vietato? Pretendono chiarezza. Ed è proprio ciò che manca in Italia».

Il sindaco De Beni spalanca le braccia. «Appena avremo il via libera, faremo di tutto per accogliere i turisti in sicurezza». Sembra avere le idee chiare: «Magari non avremo grandi spiagge come a Jesolo ma chi sceglie il lago, specie il villeggian­te tedesco, lo fa anche perché vuole spingersi all’interno, esplorare il paesaggio facendo lunghe passeggiat­e e visitando le nostre cantine. Non devono preoccupar­si: sapremo assicurare lo spazio per il distanziam­ento sociale».

«Ispirazion­e e quarantena? Il teatro vive un momento di sospension­e. Sono chiusi gli edifici dell’incontro collettivo e si alzano ombre sul futuro. Finché non sapremo quando e come si potrà tornare a teatro, tutto resterà sospeso, anche la creatività». Da un paio di giorni, Simone Derai è preso dalla lettura delle misure per la ripartenza delle attività artistiche sfornate dal governo Conte. Anagoor, compagnia di cui Derai è regista, ha ricevuto il Leone d’argento alla penultima Biennale; l’ha fondata nel 2000, a Castelfran­co Veneto, casa sua. Certo, sperava in un anniversar­io migliore...

In clausura neppure un’idea?

Il Germania il lockdown è finito e ormai quasi tutte le attività hanno riaperto E allora, perché noi tedeschi dovremmo prenotare le vacanze qui, se non sanno neppure cosa potranno fare e cosa sarà vietato?

«Beh, sì. Abbiamo lavorato a due creazioni, che, pure, non diventeran­no per forza opere teatrali. In estate sarà pubblicata la nostra traduzione dell’orestea di Eschilo, dalla Cronopio di Napoli…».

C’è una data?

«No, sempre il virus…». L’altro progetto?

«Una retrospett­iva discografi­ca delle musiche che hanno accompagna­to le opere teatrali, composte per noi da Mauro Martinuz. Sarà un doppio vinile. Il lato B conterrà la performanc­e di Marco Menegoni (primo attore di Anagoor, ndr) sul secondo libro dell’eneide di Virgilio».

Non proprio consueto… «É un modo per conservare la materia del teatro, che per natura si brucia in una serata sola». Il domani che vede? «Questa quarantena, ma valeva anche prima, può essere l’occasione per cambiare. Di teatro come spettacolo se ne fa anche troppo, forse. Il teatro bisogna aspettarlo, è una cosa da desiderare».

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Regista Simone Derai

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