Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
«Il patto Stato Regioni anticipo d’autonomia da Roma atto di fiducia»
Il sottosegretario Variati: leale collaborazione
Fra chi «tifava» per aperture differenziate c’era Achille Variati, sottosegretario all’interno, dem e vicentino. Ci ha messo lo zampino? «Mi sono dato da fare qui a Roma. Era giusto che nella fase più critica fosse lo Stato ad assumersi le misure più pesanti. Superata la fase più critica, mi pareva giusto ci fosse differenziazione dei territori che si assumono la loro responsabilità. L’accordo fra Stato e Regioni è di straordinaria importanza. Qui si è andati al di là della leale collaborazione e del confronto costruttivo: lo Stato ha deciso di fidarsi delle Regioni e questo avrà conseguenze che andranno ben al di là».
Parliamo di autonomia?
«Sì, parliamo di autonomia. Lo Stato si fida delle Regioni e di chi le guida».
Resta il controllo sui 21 criteri dell’algoritmo sul contagio...
«Ed è sacrosanto perché sappiamo solo una cosa per certo: il Paese non può permettersi di ricadere nella buca dell’epidemia. Di quattrini per rialzarci non ce ne sarebbero più. Bene, quindi, il monitoraggio costante e il Veneto è attrezzato per superare questa fase. Per farlo l’app Immuni sarà essenziale».
Torniamo alle linee guida, si è buttato via il lavoro Inailiss e della task force di Colao?
«Assolutamente no. Il passaggio dai due metri al metro è un buon compromesso ma se non si adotta il ben noto corollario di precauzioni si rischiano nuovi contagi. I datori di lavoro ne sono consapevoli. Abbiamo poi chiarito che riconoscere il contagio come un infortunio sul lavoro non comporta responsabilità civile e penale del titolare che ha messo in atto tutte le precauzioni prescritte. I suggerimenti, perché questo sono le linee guida nazionali, sono un punto di riferimento indiscusso, il quadro in cui ci siamo mossi ed è utile perché laddove dovessero esserci riprese del virus è ovvio che ci si regolerà su quella base».
Tempi troppo lunghi sulle linee guida?
«Forse si poteva far meglio ma, attenzione, ci serviva il tempo di valutare sul piano epidemiologico le aperture del 4 maggio».
Il compromesso è una vittoria della strana coppia Zaia-bonaccini...
«Lo è...vede, c’è una grande differenza fra il politico che recita sul palcoscenico nazionale e l’amministratore che è sempre legato alla concretezza. Per essere amministratore servono
decisionismo, capacità di comprensione e una squadra efficiente. Zaia e Bonaccini hanno saputo emergere rassicurando razionalmente. Certo, tutti commettono errori e li hanno fatti entrambi. A Zaia imputo solo una cosa: non ama le critiche neppure quando sono utili».
Quale critica in particolare non ha gradito Zaia ?
«Diciamo che mi sarebbe tanto piaciuto fosse emersa la vera differenza fra ciò che è successo in Veneto e ciò che è successo in Lombardia. In Veneto non è stato completamente smantellato il sistema di sanità territoriale diffusa. In Lombardia è mancato il filtro del territorio, tutto è finito negli ospedali che sono diventati a loro volta epicentri del contagio».
Cosa ha sbagliato il governo invece?
«La burocrazia è fronte serio. Parlo della cassa integrazione guadagni su cui il meccanismo di passaggio dalle Regioni ha complicato l’erogazione. Qui il governo ha sbagliato non cambiando le procedure. Non a caso il prossimo decreto sarà su semplificazioni e investimenti. Sugli investimenti faccio appello agli imprenditori, spina dorsale di questo paese, ora abbiamo bisogno di fiducia e di crederci in grado di riconquistare i mercati».