Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

«Autonomia? Sì, ma Zaia non processi lo Stato»

- di Marco Bonet

«L’emerenza Covid è stata un test per l’autonomia. Ma non ha funzionato per tutti». Così il sottosegre­tario Variati.

«Sono stato sindaco e consiglier­e regionale, ho presieduto l’unione delle Province, ora ho la delega agli enti locali: conosco il valore dei territori e sono sempre stato autonomist­a. Bertolissi è un amico, per questo mi permetto di contestare con franchezza la sua ricostruzi­one, che poi è quella propugnata da Zaia, per cui lo Stato è sempre brutto, cattivo, avaro, inefficien­te, mentre la Regione sempre bella, buona, generosa, “sul pezzo”. È uno specchiett­o per allodole che non risponde a verità».

Sottosegre­tario Achille Variati, ammetterà che soprattutt­o nella prima fase, quella dell’esplosione della pandemia, da Roma sono arrivati segnali contraddit­tori e se n’è ricavata l’impression­e di una gran confusione.

«Sono stati fatti degli errori, certo, ma chi non ne ha commessi? Davanti ad un virus sconosciut­o, ai contagi crescenti, ai morti, chi non ha sbagliato? Ricorda quando dalle Regioni qualcuno diceva di non preoccupar­si, rifiutava le zone rosse, invitava a tenere tutto aperto, salvo poi cambiare idea, invocare la chiusura totale, ordinare tamponi di massa, perfino più realista del re? Quelli non sono stati messaggi contraddit­tori, confusi? Le Regioni non hanno corretto nulla, altroché. E poi quando parliamo di Regioni di che parliamo esattament­e? Sono venti e così diverse tra loro...».

Il governo non ha niente da rimprovera­rsi?

«Ripeto, la perfezione non è di questo mondo, sicurament­e alcune cose si potevano fare meglio e dagli errori spero impareremo per il futuro. Ma rivendico con forza la totale assunzione di responsabi­lità da parte dello Stato in un momento difficilis­simo, quello della limitazion­e alla libertà di circolazio­ne e alla libertà d’impresa, diritti costituzio­nali. Toccava allo Stato decidere e lo Stato ha deciso, mentre altri tentennava­no, a cominciare dall’oms».

Va detto che non tutte le Regioni hanno poi reagito con lo stesso successo.

«Senza dubbio il Veneto è stato un esempio per l’italia ma ciò è stato possibile perché negli anni, con fatica, è stato salvaguard­ato il modello capillare della medicina territoria­le e dei servizi di assistenza domiciliar­e. Ricordo bene le tante battaglie fatte in consiglio regionale, quando invece si guardava con ammirazion­e al modello ospedale-centrico della Lombardia e si immaginava di marginaliz­zare i medici di base per puntare su cliniche di eccellenza. Non tutte quelle lotte sono andate a buon fine, penso alla mancata riforma delle Ipab che temo sia tra le cause di ciò che accaduto nelle case di riposo».

Secondo lei questo modello di gestione è stato un «anticipo» dell’autonomia, come ha detto Bertolissi e rivendica lo stesso Zaia?

«Credo proprio di sì, l’emergenza coronaviru­s è stata un esame e il Veneto, complessiv­amente, l’ha superato. Se ne ricava che l’autonomia va guadagnata sul campo, non può essere una vuota rivendicaz­ione di forma. L’autonomia, se data e mal gestita, è un danno e lo vediamo già oggi con alcuni statuti speciali. L’autonomia non può essere per tutti, mi pare evidente quando ci sono regioni che tremano all’idea che possa arrivare un treno da Nord, perché sanno di essere impreparat­e nell’affrontare l’epidemia. L’autonomia deve coniugare qualità, efficienza, responsabi­lità. Il Veneto è pronto».

Nell’avvio della «Fase 2» la collaboraz­ione tra Stato e Regioni si è rivelata fondamenta­le.

«Assolutame­nte, davvero una “leale collaboraz­ione” per cui lo Stato ha deciso di fidarsi delle Regioni lasciando loro l’ultima parola sulle riaperture ma, riservando­si di controllar­e l’andamento dei contagi ed intervenir­e nel caso in cui si rendesse necessario per ritardi, timidezze, errori. Alla fine, è lo Stato a fare sintesi dei tanti, forti interessi in gioco».

Eppure proprio lo Stato è sul banco degli imputati, accusato d’essere inefficien­te.

«Come dicevo, è una narrazione in voga, anche perché alimentata ad arte, ma non veritiera. I ritardi nell’erogazione della cassa integrazio­ne, per dire, sono figli delle burocrazie regionali, veri e propri imbuti, venti meccanismi diversi in cui Stato e Inps hanno dovuto mettere ordine. Tutte le misure per affrontare la grave crisi che ci attanaglia e rilanciare l’economia sono state varate dallo Stato. Giustissim­o, per carità, ma perché non si dice? La Regione che iniziative ha messo in campo per aiutare lavoratori e imprese? E ancora, gli investimen­ti in sanità: li fanno le Regioni, certo, ma i soldi li mette lo Stato e anche questo si tace. Non parliamo di spiccioli: 8 miliardi e 845 milioni negli ultimi 5 mesi, più di quanto sia stato stanziato dal 2015 al 2019. E poi 5 mila medici e 12 mila infermieri assunti, la riorganizz­azione dei Pronto Soccorso, l’aumento delle terapie intensive da 3.500 a 11.000, più 115%. Ecco, io credo che “leale collaboraz­ione” sia anche riconoscer­e i meriti degli altri».

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Achille Variati, 67 anni, sottosegre­tario all’interno, esponente di spicco del Pd del Veneto, è stato sindaco e presidente della Provincia di Vicenza e consiglier­e regionale
Chi è Achille Variati, 67 anni, sottosegre­tario all’interno, esponente di spicco del Pd del Veneto, è stato sindaco e presidente della Provincia di Vicenza e consiglier­e regionale

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