Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Primo giorno a zero contagi Veneto Covid-free, tre settimane in anticipo rispetto alle previsioni. Crisanti: lavoro di squadra
La gioia del professor Crisanti: «Il modello veneto ha funzionato». I dottor Rigoli: «Virus meno aggressivo». Traguardo tagliato 20 giorni prima del previsto
«Il modello Veneto ha funzionato». Per la prima volta ieri non si è registrato alcun contagio. A tre mesi dal primo malato di Vo’ il Veneto è Covid free. «E’ il risultato di un lavoro che ha visto in prima linea la Regione, l’università e l’azienda ospedaliera di Padova» commenta il professor Andrea Crisanti. Il governatore Zaia: «Bene, ma attenzione sempre alta».
E venne il giorno del contagio zero. A tre mesi esatti dai primi due malati di Vo’ Euganeo, Adriano Trevisan e Renato Turetta, riconosciuti positivi al coronavirus Covid19 il 21 febbraio all’ospedale di Schiavonia (subito isolato) e in seguito deceduti, il Veneto per la prima volta non registra nemmeno un infetto. Succede in netto anticipo rispetto al «9 giugno Covid-free» previsto dall’osservatorio nazionale sulla Salute nelle regioni italiane, coordinato da Walter Ricciardi dell’oms. Ieri sera, proprio nel bel mezzo della polemica per la movida che nelle ultime ore ha imprudentemente riempito le piazze, è arrivato il dato ufficiale dalla Regione: i positivi restano i 19.038 del 20 maggio, zero nuovi casi. Fa un certo effetto anche agli scienziati vedere lo zero ripetuto per dieci volte, uno per cluster. «È il risultato del lavoro che ha visto in prima linea la Regione, l’università e l’azienda ospedaliera di Padova — commenta il professor Andrea Crisanti, direttore del laboratorio di Microbiologia della città del Santo, riferimento regionale, ma ormai noto come il ”papà” del ”tamponi a tutti” —. Il merito va condiviso con coloro che hanno lavorato giorno e notte per il contenimento dei contagi: alla fine l’intuizione di cercare gli asintomatici, che trasmettono comunque l’infezione, ha pagato. Il modello veneto ha funzionato. Il contagio zero è un bene prezioso, che però dobbiamo conservare con un comportamento virtuoso — ammonisce Crisanti —. Un grazie ai cittadini che hanno rispettato le regole e a quelli che continueranno a farlo». «È un risultato straordinario, che in questi mesi difficilissimi abbiamo atteso con ansia — ammette il rettore dell’ateneo di Padova, Rosario Rizzuto —. Vivo dev’essere il ringraziamento al Sistema sanitario regionale, al quale l’università partecipa con grande qualità e passione attraverso la sua Scuola di Medicina, e ai cittadini che hanno conquistato questo traguardo con il loro comportamento rigoroso. Adesso non abbassiamo la guardia, ma guardiamo al futuro con maggiore ottimismo».
E a proposito di Scuola di Medicina, il presidente Stefano Merigliano, impegnato in prima persona nel terzo screening a Vo’ Euganeo e nel progetto dei tamponi di massa alla base del successo del modello veneto, osserva: «Aver raggiunto il contagio zero è il giusto riconoscimento degli sforzi compiuti da amministratori, sanitari e popolazione. Uno splendido risultato, frutto di un grandissimo gioco di squadra che ha permesso a Crisanti di segnare tanti gol grazie agli splendidi assist di mediani non meno capaci. Ora mi auguro che non venga rovinato da chi non ha capito quanta fatica è costato e quanto poco ci vuole a tornare indietro. Un pensiero va alle vittime del virus». La linea della prudenza appartiene pure al governatore Luca Zaia, che non può ancora rilassarsi: «Il rischio di una reinfezione è sempre dietro l’angolo, stiamo attenti e rispettiamo le regole. Abbiamo gli occhi puntati sul modello matematico che il 28 di maggio ci dirà cosa ha sortito la riapertura totale del 18. Se registreremo nuovi contagi, torneranno chiusure e restrizioni».
Il timore è che il lassismo dimostrato da una parte sconsiderata della popolazione possa essere ulteriormente alimentato dal nuovo successo. «Un successo che conferma quanto il Veneto abbia gestito la pandemia in maniera eccellente», ricorda il professor Mario Plebani, docente all’università di Padova e titolare di un progetto per la ricerca degli anticorpi anti-covid immunizzanti, insieme al professor Giuseppe Lippi dell’ateneo di Verona. «Tutta la squadra all’opera ha dato grande prova di capacità professionale e dedizione — aggiunge Plebani —. Spero che il senso di responsabilità in questi giorni venuto meno sia meglio interpretato d’ora in avanti. Come scienziato sono ottimista, stiamo capendo molto di più della malattia rispetto all’inizio e anche della risposta del sistema immunitario. Sono le premesse per evitare la seconda ondata autunnale del coronavirus. Ma ognuno deve fare la sua parte». E in questo senso non si può dimenticare il prezioso contributo degli specializzandi, gettati nella mischia per supportare e spesso sostituire gli strutturati, finiti loro stessi malati e poi donatori del sangue ricco di anticorpi utile a curare altri pazienti. «Il nostro lavoro in prima linea è stato fondamentale a garantire l’assistenza nell’ambito di un’emergenza che ha colto alla sprovvista il Sistema sanitario nazionale — conferma Mirko Claus, presidente di Federspecializzandi —. Abbiamo compiuto uno sforzo enorme, per numero di ore lavorate, per impegno e abnegazione, imparando in fretta a gestire pazienti ad alta intensità. È stata una grande lezione, professionale e di vita. Ora confidiamo che la Regione ce ne dia atto, assegnando anche a noi il premio concesso a tutti i sanitari in trincea».
Scorrendo i dati, salta all’occhio la notevole riduzione dei ricoveri, sia in reparto (510) che in Terapia intensiva (40), soprattutto a fronte dei 3.244 malati dimessi dall’ospedale. «Un risultato di cui sono felicissimo e che va condiviso tra sanitari, cittadini e il coronavirus stesso — rivela il dottor Roberto Rigoli, coordinatore delle Microbiologie del Veneto — negli ultimi 15 giorni ha perso virulenza. Ce ne siamo accorti perché i nuovi pazienti passati per il Pronto Soccorso non presentano la forma più aggressiva dell’infezione. Tanto da non dover essere ricoverati in Terapia intensiva e nemmeno in Pneumologia. In tre mesi abbiamo imparato molto più di quanto appreso negli ultimi dieci anni».