Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

IPAB VENETE LA RIFORMA NECESSARIA

- Di Luca Romano

Èil momento buono per fare la riforma delle Ipab. È ferma dal 2000, legge 328 Turco, incagliata per circostanz­e inavvertit­amente volute nel labirintic­o mondo delle competenze concorrent­i, leggi confuse, tra Stato e Regioni. Nel clima di questo sconvolgim­ento epocale, dovrebbe essere una riforma bipartisan, con una forte concertazi­one sociale, perché va al cuore del cambio demografic­o e, soprattutt­o, ha espresso in questi mesi un altro modello veneto, certo nelle retrovie rispetto alla sanità, di indubbio valore. Il futuro delle residenze per anziani non è già scritto e, come sostiene Marco Trabucchi, non è un problema provincial­istico ma mondiale. Nell’emergenza le Residenze per anziani hanno mostrato tutto il volto del dolore di decessi consumati nella solitudine del distanziam­ento. E anche le fragilità se esposte in modo inappropri­ato, come si è tragicamen­te verificato in Lombardia. Ma le rigorose regolazion­i di qualità degli standard, la profession­alità e l’impegno del personale e il sistema di valutazion­e hanno dimostrato di reggere una prova senza precedenti. Una delle chiavi di volta del modello veneto di assistenza residenzia­le per anziani appare il profilo di autonomia relativa e di interazion­e orizzontal­e con il sistema sanitario.

Esso ha evitato l’acquiescen­za uniformant­e para ospedalier­a fatta altrove. La differenza serve: ed esprime tutto il valore della dimensione comunitari­a, del lato sociale della cura, del legame con il territorio. Potremmo addirittur­a azzardare l’opportunit­à di superare il dilemma che nel passato divideva i fautori della scelta tutta pubblica le aziende di servizi pubblici emiliano romagnole - o tutta privata - le Fondazioni lombarde. C’è una distorsion­e giuridica, un cono d’ombra, che oscura il «nemico comune» del pubblico e del privato no profit, e sono le multinazio­nali della sanità privata for profit. Il modello veneto potrebbe distinguer­si evitando di optare per una sola formula rigida, ma di mantenere aperto il sistema delle opzioni. Le Ipab dovrebbero poter scegliere tra aziende pubbliche o fondazioni no profit, ma codificand­ole dentro uno schema di regole paritarie. A differenza della scuola qui la «parificazi­one» serve alle strutture pubbliche che oggi soffrono di oneri fiscali e assistenzi­ali penalizzan­ti rispetto alle fondazioni. Nei prossimi mesi a livello nazionale si dovrà approdare al finanziame­nto del Fondo per la non Autosuffic­ienza: troppe famiglie che hanno perso reddito con Covid, non ce la faranno a sostenere le rette. L’invecchiam­ento e la qualità della vita indirizzan­o verso un modello composito e flessibile dell’assistenza e della cura per le cronicità che portano alla non autosuffic­ienza. La struttura residenzia­le può rappresent­are il nodo della rete di servizi della medicina di territorio, il presidio H24, altro rispetto all’ospedale che non deve assolutame­nte diventare l’imbuto di queste patologie. Allo stesso tempo, queste Residenze si qualifican­o per una grande porta di scorriment­o verso l’assistenza domiciliar­e superando l’assetto che le vede su binari separati - il social housing, i centri diurni e le strutture intermedie. E, insieme, a questa attesa riforma, un segnale altrettant­o atteso. Un riconoscim­ento a lavoratric­i e lavoratori di questo settore, così ingiustame­nte negletto.

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