Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
«Il segreto della tempesta citochinica»
Studio sui casi più gravi di malati Covid: nuovi scenari
AVerona uno studio sui casi più gravi di malati Covid.
Vicini a scoprire il segreto del Covid 19. Ovvero quello che, da gennaio, tiene in scacco gli esperti di tutto il pianeta. Perché la malattia da coronavirus può essere blanda e senza sintomi ma, in alcuni casi, provoca una crisi del sistema respiratorio (e non solo). «Siamo molto cauti ma forse questa cosa ha già un nome. Lo potremo dire a breve». L’annuncio arriva dall’équipe multidisciplinare veronese che, a partire da marzo, con risorse (2 milioni da Fondazione Cariverona e 250 mila euro da Fondazione Tim) e modalità eccezionali (priorità assoluta, niente obbligo di rendicontazione) sta cercando di andare al cuore della sfida posta dal virus Sars-cov-2. A differenza delle miriadi di studi in questo campo, l’obiettivo del progetto, ribattezzato Enact, non è quello di trovare una cura, ma di fare della sana «ricerca di base», per capire quanto più a fondo il problema. «Ci siamo trovati a scenari patogenetici totalmente inattesi — afferma Vincenzo Bronte, immunologo dell’università di Verona e uno dei principali responsabili di Enact — nel senso che quello che abbiamo visto non è tipico di una classica infezione virale». Bronte era stato tra i primi a sottolineare il ruolo della «tempesta citochinica», di quella violentissima risposta infiammatoria che si nota nei casi più gravi. Uno degli aspetti più ambiziosi dello studio mira proprio a scoprire questo meccanismo: novità importanti potrebbero arrivare tra non molto. Certo, occorrerà aspettare i tempi della scienza, con una pubblicazione. Ma è forse è proprio questo, accenna l’ematologo Giovanni Pizzolo, coordinatore del progetto, che «potrebbe già avere un nome». Va da sé che, una volta noto il meccanismo, anche la cura si avvicina. E su questo aspetto è Evelina Tacconelli, direttrice della clinica di Malattie Infettive, che ha affrontato il capitolo «React», relativo alla risposta ospedaliera, con un «catalogo» di oltre 400 casi assistiti ad affermare che, al momento, «ci troviamo davanti a una patologia che si caratterizza per diverse fasi e per la quale non c’è una monoterapia». Ora, gli stessi specialisti sono impegnati in un follow up dei pazienti guariti fino ad un anno per valutare l’eventuale insorgenza di patologie correlate. A completare il progetto, uno studio di medicina interna, che prevede un «registro», il più ampio in Italia con 600 pazienti, con una mole di dati anamnestici, che confermano, tra le altre cose, l’alta prevalenza di trombosi venosa (nel 28% dei casi), considerata «un precursore di una complicanza potenzialmente fatale quale l’embolia, ma prevenibile con il ricorso a farmaci anticoagulanti». Infine, uno studio virologico sta verificando le modalità con cui il Sars-cov-2 si replica nelle cellule umane.