Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Covid, le vittime economiche «Duecentomila disoccupati entro la fine dell’anno»
Barone (Veneto Lavoro): «Da febbraio persi 65mila contratti di lavoro». La Cisl: «Sarà un settembre nero» Confindustria: «Scenario implacabile, bisogna agire»
Secondo Veneto Lavoro, entro la fine dell’anno rischiano di salire a 200mila i disoccupati veneti. La Cisl parla di rischio che la povertà inneschi una «guerra sociale». Il presidente di Confindustria Veneto, Enrico Carraro: «Occorre agire subito».
«Stiamo lavorando su VENEZIA stime di previsione che nella nostra regione sfiorano i 200mila disoccupati entro la fine dell’anno». Il direttore di Veneto Lavoro, Tiziano Barone, lancia il sasso ma mette in guardia: «È un dato che andrà aggiornato col passare delle settimane, quando si capirà la reazione dei mercati alla fine del lockdown. Possiamo già dire, però, che dall’inizio dell’emergenza, ci sono 20mila veneti in più in cerca di occupazione». E pensare che lo scorso anno si era chiuso con 131mila disoccupati, 40mila in meno del 2018. Ma dopo aver fatto ucciso migliaia di persone, il coronavirus ora si prepara a falcidiare le buste paga.
L’ultimo report di Veneto Lavoro: «Nel periodo compreso tra il 23 febbraio e il 17 maggio, tra mancate assunzioni ed effettiva diminuzione dei posti, si è registrata in Veneto una perdita di 60-65 mila posizioni di lavoro dipendente». Significa che in appena 84 giorni è andato in fumo il 3% dell’occupazione complessiva. Nessun tipo di rapporto lavorativo ne è uscito indenne: rispetto allo stesso periodo del 2019, il saldo tra assunzioni e cessazioni ha visto calare di 7.800 i contratti a tempo indeterminato, di 5.500 gli apprendistato, e addirittura di 49.400 i contratti a termine, i più colpiti dall’emergenza visto che includono anche i rapporti stagionali, per i quali le assunzioni sono scese del 60 per cento. «La nota positiva - spiega Barone - è che dal 4 maggio, in concomitanza col progressivo allentamento delle misure di lockdown imposte dal governo, si è osservato un rallentamento della caduta occupazionale».
gli esperti temono che il peggio debba ancora venire. Finora, col blocco dei licenziamenti disposto dal governo e prorogato fino alla metà di agosto, molti lavoratori sono finiti in cassa integrazione ma almeno hanno potuto conservare il posto. «Tante aziende venete potrebbero però non riaprire o essere costrette a ridimensionare di il proprio personale spiega il segretario regionale della Cisl, Gianfranco Refosco - e se, a questa possibile ondata di licenziamenti, sommiamo i circa 100mila stagionali che, stando alle nostre previsioni, quest’anno non lavoreranno, è facile intuire che si rischia un settembre nero».
Tra febbraio e aprile 2020, il numero di occupati con contratti di lavoro a tempo determinato, apprendistato o intermittente, è diminuito del 9 per cento, crollando da 256mila a 232mila. «Se un piccola parte è transitata verso altri contratti, anche a tempo indeterminato - spiegano da Veneto Lavoro - la maggior parte di loro è rimasta senza occupazione».
Per il sindacato, se non si interviene subito «si rischia la guerra sociale». Il segretario della Cisl vede un’unica via d’uscita: «Occorre garantire tre cose: un reddito, in modo da evitare che l’impoverimeneppure, to sia troppo diffuso; la formazione, per offrire nuovi strumenti al lavoratore; e soprattutto politiche attive di reinserimento professionale, anche in settori diversi da quello di provenienza».
Che la situazione sia commolto plicata, è ormai chiaro a tutti. Fondazione Nord Est ha rielaborato i dati Istat sulla fiducia dei consumatori: viene fuori che la maggioranza dei veneti è pessimista sia sul fronte dell’occupazione che su quello della propria disponibilità economica.
«I dati definiscono uno scenario implacabile - dice il presidente di Confindustria Veneto, Enrico Carraro - con il peggiore calo del Pil dal 1995 a oggi. Occorre agire subito per risollevarci dalla crisi economica, perché aiuti e sussidi sono sicuramente necessari ma non sufficienti. Solo mettendo in atto politiche industriali di lungo respiro si può arginare il circolo vizioso che la perdita di fiducia innesca e che porta a rallentare gli investimenti e a frenare i consumi. Il Veneto ha bisogno di ripartire».
Enrico Carraro
Solo mettendo in atto politiche industriali di lungo respiro si può arginare il circolo vizioso che la perdita di fiducia innesca
«Guerra sociale»
Secondo la Cisl se non si interviene in difesa del lavoro si rischia la guerra sociale