Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
I teatri del Veneto che fanno sistema Diffusi e connessi
Il Veneto, sostenevano coscienze illuminate, quali quelle di Giorgio Lago, di Massimo Cacciari e di Mario Carraro, è una metropoli (una urbs, scrivevano loro) che ha ottanta chilometri di diametro. Il Teatro Stabile del Veneto, una ventina d’anni dopo, magari con qualche ritardo, sta cercando di interpretare quella profezia che navigava nei marosi della politica, della cultura e della sociologia. Il Veneto come un’unica area, che vive piccole e preziose realtà che vanno connesse, ricucite direbbe un noto architetto, anche perché periferia della lontana Roma.
«Diffusi e connessi, la nuova sfida di musei e teatri», l’intuizione degli editorialisti del
Corriere della Sera Ico Migliore e Mara Servetto è pure la nostra, tant’è che il giorno 15 di giugno, quando riapriranno i teatri (ma perché di lunedì?) abbiamo organizzato nel medesimo tempo e come fosse un medesimo luogo 3 spettacoli che segnano non la fine della pandemia ma la riapertura della città, perché senza teatro non vi è neppure una città vivibile. Il cortile di palazzo Moroni a Padova, piazza dei Signori a Treviso e Campo San Polo a Venezia segnano l’inizio di una nuova stagione di tutto il teatro: rappresentazioni più semplici, diffuse nei sestieri di Venezia, nelle piazze di Padova, tra i canali della dolce Treviso. A distanza Covid, naturalmente, fin quando tutto ciò sarà obbligatorio; al servizio delle amministrazioni comunali, qui forse più consapevoli che altrove del valore della cultura diffusa; cantastorie di musiche, di teatralità e di comicità, perché il teatro è pur sempre una festa. Una festa di popolo che si convoca in piazza come ai tempi della commedia dell’arte, perché quello è il posto più semplice, più virale e meno infettivo.
E questo arriva dopo aver connesso il teatro con il suo pubblico, vecchio e nuovo che ha risposto in massa sulla rete all’invito che abbiamo rivolto a tutti di rimanere amici del palcoscenico, magari sul sofà. A oggi, più di 500 mila accessi. Scusate se è poco! Grazie agli attori che hanno aderito, ai tecnici, al personale che ha lavorato in smart working abbiamo affrontato l’oceano blu della rete e non ci siamo smarriti, perché la barca era sempre indirizzata al pubblico, senza ideologie da difendere e senza l’ossessione del campanile che tanto male fa alla cultura, al teatro e all’intera società veneta. Un’unica metropoli, che ha un’identità da raccontare e non solo stelle da ospitare. Teatro pubblico, perché tutto il teatro è pubblico; teatro che ha soci pubblici le cui risorse devono essere spese bene a beneficio del popolo, pubblico pagante, e di tutto il sistema culturale. Teatro non egoista, geloso delle proprie capacità ma inclusivo. Teatro di produzione, pure se fra qualche balbettio, qualche incertezza, qualche timidezza di troppo. Ma teatro vivo, tra i canali, tra le piazze, tra i sestieri e fra poco, auguriamocelo, a est e pure a ovest di questa grande metropoli che la cultura avverte il bisogno di connettere e di diffondere, di ricucire, insomma. *presidente Teatro Stabile del Veneto