Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
«Cattolica, fate l’aumento»
Lo stop all’ospedale di Trieste colpo decisivo: la coop si rivolge al tribunale
Cattolica, diktat Ivass sull’aumento di capitale da 500 milioni. Di fronte a dati preoccupanti, la vigilanza assicurativa dà 4 mesi per completare l’operazione.
Milioni di crediti incagliati da anni. L’appalto da 140 milioni per l’ospedale di Trieste rescisso quando erano già state impiegate risorse per preparare il cantiere. E poi il lockdown che ha bloccato 7 commesse, dalla filovia di Verona alla tangenziale Ovest di Vicenza. Alla fine la cooperativa di costruzioni Clea si è arresa ai problemi di liquidità e ieri ha depositato al tribunale di Venezia la richiesta di concordato preventivo in continuità, per salvaguardare cantieri e lavoratori. Advisor dell’operazione, Gianfranco Peracin, Armando Grigolon ed Emanuele Moisio, legale Roberto Nevoni.
«Una vicenda molto dolorosa, mai avremmo pensato di arrivare qui, col portafoglio ordini che abbiamo – scuote la testa il vice presidente Andrea Galesso – Speriamo di riuscire a ripartire presto, col piano concordatario». Intanto, buona parte dei 150 lavoratori sono in cassa integrazione Covid fino a fine giugno e la Cig ordinaria copre fino a settembre. Tra i dieci e i venti dipendenti, invece, hanno continuato a lavorare in attività indifferibili: il completamento del reparto di terapia intensiva dell’ospedale di Bolzano e lavori per il ciclo idrico integrato nel Piovese.
La richiesta di concordato tocca anche cantieri per 150 milioni: il filobus a Verona, lavori all’ospedale di Padova, il restauro di alcune sale delle Gallerie dell’accademia a Venezia, il poeple mover che collega aeroporto e stazione di Bologna, opere nelle basi Usa di Vicenza e Livorno (ad Aviano era previsto a breve l’avvio dell’attività), la tangenziale Ovest di Vicenza. Clea, nata 61 anni fa a Campolongo Maggiore, è la quinta cooperativa in Italia nel settore costruzioni, con fatturati tra i 60 e i 70 milioni di euro l’anno e che ha legato il suo nome ad opere come il Passante, il tram di Mestre, il nuovo dipartimento di Biologia dell’università di Padova, gli ospedali di Venezia, Cittadella e Vicenza.
E al Mose, per il quale ha realizzato i cassoni di cemento posati sul fondale della bocca di porto di Chioggia. La capofila Coveco era stata pesantemente coinvolta nell’inchiesta e, nonostante il drastico cambio di governance e nome (ora è Kostruttiva), nel 2016 chiese il concordato preventivo. Tuttora deve a Clea 13,5 milioni di euro che, da piano, andranno in parte restituiti a partire dal prossimo anno. «Abbiamo retto il colpo perché siamo sempre stati molto capitalizzati – spiega Galesso – Ma la crisi nei lavori pubblici ha drasticamente ridotto i margini di profitto. E si è creato un problema di cassa legato a molti crediti incagliati».
La mazzata con la rescissione dell’appalto per l’ospedale di Trieste: Clea capofila, quando, al cambio di amministrazione regionale, il contratto è rescisso. «Abbiamo avuto perdite ingenti e un drastico calo di produzione. È stato devastante. Poi è arrivato anche il Covid», sospira il vice presidente.