Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
«Basta assistenzialismo di Stato tagliamo le tasse alle imprese»
Donazzan: «C’è il rischio di una disoccupazione di massa». Il nodo dei contributi a pioggia che non innescano la ripresa. E i fondi Ue per la cultura
Il numero che fa paura è duecentomila. Tanti saranno, secondo le stime di Veneto Lavoro, i disoccupati veneti durante quello che la Cisl ha definito l’«autunno nero» post Covid. L’assessorato al Lavoro, in Regione, è affidato a Elena Donazzan.
Assessore, parlare di «disoccupazione di massa» è eccessivo?
«No, purtroppo non lo è se l’intero sistema non reagirà, per la Fase 3, con uno scatto di reni».
Non vede possibilità di ripresa, seppur tendenziale?
«La proiezione che fa Veneto Lavoro è realistica. Abbiamo vissuto questi mesi in una specie di bolla, nell’illusione dello Stato come unica àncora ma il divieto di licenziamento ad agosto finirà, così come la cassa integrazione».
Parlava di uno scatto di reni, nel concreto come si traduce?
«I posti di lavoro non si creano per decreto. La regola è una: se c’è mercato bene, altrimenti il lavoro salta. Per scatto di reni intendo avere visione e la disponibilità di statisti che non abbiamo. La spesa assistenzialistica, i 500 euro per tutti, non sono principi sostenibili economicamente, giustificabili ai fini dei consumi interni e, infine, sono altamente diseducativi. Ci sono imprenditori che mi raccontano di come i dipendenti in cassa rifiutino di tornare al lavoro finché godono degli ammortizzatori».
Mette quindi sul banco degli imputati le politiche emergenziali adottate…
«Sì perché, lo ripeto, sono diseducative. Per non arrivare alla disoccupazione di massa dobbiamo alzare lo sguardo e ci vogliono investimenti importanti, ad esempio infrastrutturali. La situazione in Europa è propizia visto che la Ue è sensibile in questo momento. Per il lavoro sono le stesse dinamiche di una guerra a cui è sempre seguito un grande piano di rilancio».
Da dove si inizia?
«Dal taglio delle tasse alle imprese, dal cuneo del costo del lavoro. Il Veneto vive di esportazione e turismo, l’italia di turismo e di grande valore del manifatturiero. Parlo del Made in Italy la cui catena del valore è da salvare a ogni costo. Così si riposiziona una nazione. Non vado certo a competere con la Cina sulle calzature economiche. Qui la priorità è impedire che le aziende chiudano. E per il turismo devi impedire che arrivi il finanziatore cinese che si compra metà degli alberghi di Venezia. In sostanza, dallo Stato mi aspetto leva fiscale e dalla Regione di continuare a investire sul capitale umano».
Che si traduce in quali azioni concrete?
«Avremo bisogno di più formazione. Prendiamo il turismo: è il momento di investire in lingue straniere, piattaforme online che non siano booking.com. Il buono turismo da 500 euro lo paga, di fatto, l’albergatore...piccolo cabotaggio».
Però anche il suo collega di giunta Federico Caner che segue il turismo l’ha chiesto con forza…
«Non basta un buono, per altro declinato come credito d’imposta, per rilanciare il turismo. Guardi, mi sembra di stare nel regime comunista di Pol Pot: ti do 500 euro e fatteli bastare. Sarà che sto rileggendo 1984 di Orwell in questo periodo… la fornitura comprende un paio di scarpe e persino una bottiglia di gin… come se potesse bastare. L’unica macchina da rimettere in moto è l’impresa».
Che ruolo può avere la Ue? «Gli operatori della cultura sono i soggetti dimenticati dallo Stato. Per questo voglio riprogrammare i fondi europei che la Ue chiama di “sicurezza sociale”. Così agli ex iscritti all’enpals, per capirci, vorrei erogare almeno mille euro al mese. Attraverso l’inps abbiamo già gli elenchi. In parte vale anche per gli operatori sportivi».
E i finti cassintegrati?
«Mi faccia indovinare: lo smartworking è l’alibi perfetto? Ecco, io dico che è tempo di tornare nelle sedi di lavoro. Lo dico in primis per la pubblica amministrazione. E non parliamo dello sciopero della scuola l’8 giugno...».
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