Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
«Pittarosso ce la farà Fiduciosi sul sì dai creditori, tutelando i dipendenti»
(f.n.) «Siamo fiduciosi di chiudere positivamente il concordato Pittarosso. E di tutelare i dipendenti». Stringe i tempi, Mario Zanini, il presidente e amministratore delegato, che in tandem con l’altro ad Marcello Pace lavora al salvataggio della nota catena padovana delle calzature, 322 milioni di euro di ricavi in Italia nel 2019 con 200 negozi e 1.800 dipendenti (340 in Veneto), che ha depositato giovedì al tribunale di Padova la richiesta di concordato in bianco in continuità. I due mesi di chiusura per la crisi Covid hanno dato un colpo decisivo alla società acquisita nel 2015 dal fondo inglese Lion Capital, facendo saltare l’accordo ormai chiuso di ristrutturazione del debito con le banche (150 milioni), in cui il fondo avrebbe messo 25 milioni. Ora l’azienda, con i consulenti legali Gianni, Origoni, Grippo e finanziari, Gianfranco Peracin dello studio Cortellazzo&soatto, ha 4 mesi per il piano concordatario. In ballo debiti complessivi per 300 milioni, tra cui quelli per l’acquisizione e il tentativo di espansione in Francia non andato secondo i piani.
Come intendete muovervi?
«A febbraio avevamo costruito un piano industriale, pronto per essere asseverato. Prevedeva che le banche confermassero i prestiti esistenti e che la proprietà iniettasse nuove risorse finanziarie. Andrà aggiornato sullo scenario delle riaperture con cui stiamo prendendo le misure. Ma devo dire che avevamo attese più pessimistiche della situazione concreta. Siamo sui livelli del passato, in qualche caso sta andando anche meglio».
Si riferisce agli incassi dei primi giorni?
«Esatto. L’andamento è molto più confortante di quanto temuto. E non vediamo necessità di correzioni significative al piano. Purtroppo abbiamo dovuto chiedere la protezione del concordato di fronte ai mancati incassi degli ultimi due mesi: parliamo, a spanne, di 70 milioni di euro. Un’enormità. E ci siamo mossi dopo aver valutato che tra le misure governative non c’erano soluzioni utili per aiutarci ad assorbire questo choc».
Le direttrici su cui lavorerete quali sono?
«A fine 2019 siamo usciti dalla Francia, fronte che non potevamo più permetterci di tenere aperto. Manterremo un piede in Slovenia e Croazia, ma ci concentreremo sul mercato italiano, dove vediamo ancora grandi potenziali di crescita di fronte alla sua frammentazione. Le azioni commerciali già avviate nel 2019 - il recupero sul segmento femminile, l’aumento delle vendite e dei clienti – stavano già dando risultati. L’inizio primavera era stato molto positivo. Poi è arrivato lo stop. Ma la ripartenza mostra che la riconoscibilità del marchio è intatta».
Che cambiamenti di mercato dovete affrontare nell’èra post-covid?
«Ci attendiamo di tornare più velocemente del previsto ai livelli di attività precedenti. E che la crescita delle vendite on-line non sarà una minaccia significativa per il nostro segmento, di un prodotto di qualità a prezzi abbordabili. Il punto semmai è che se prima i grandi centri commerciali erano le nostre ‘portaerei’, ora sono i negozi autonomi ad andare in genere bene, talvolta molto meglio di prima.
Questione da tenere sotto controllo.
Ma non vediamo cambiamenti apprezzabili nel comportamento dei clienti».
Anche per voi c’è un tema di rivedere gli affitti dei negozi? «Sì. E la scelta del concordato è dettata in parte dal non aver trovato in questa fase critica collaborazione dai proprietari immobiliari. Se i fornitori, specie quelli strategici di prodotto, ci hanno assicurato collaborazione, con i proprietari abbiamo avuto risposte molto eterogenee, spesso del tutto insostenibili. La scelta fatta credo ci rafforzi nelle trattative».
Con i 1.800 dipendenti che linea intendete tenere? «Vogliamo mantenere gli attuali livelli occupazionali. Stiamo usando e useremo la cassa integrazione. Ma di sicuro non è il costo del personale il fattore su cui lavorare».
Pensate quindi di ottenere l’adesione dei creditori.
«Sì, l’attesa è quella. Il piano va ancora costruito. Ma ragionevolmente mi aspetto l’adesione delle banche e dei fornitori di prodotto, che sono i principali creditori».