Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Nel dotto labirinto del libro di Cordero, l’illustre giurista
Da pochi giorni ha visto le stampe per l’editore La Nave di Teseo La tredicesima cattedra, opera postuma di Franco Cordero, mancato lo scorso 8 maggio. Si tratta di un lavoro estremo, in più di un senso: a cavallo tra romanzo e saggio, dottissimo, labirintico, certo non di facile lettura. Ne esce confermata l’idea che Cordero meriti collocazione tra i grandi autori italiani degli ultimi cinquant’anni. Al grande pubblico il nome di Cordero è noto soprattutto per l’invenzione dell’immagine del «caimano», attribuita a Berlusconi, oltreché per la querelle che nei primi anni Settanta lo vide protagonista come professore «eretico» dell’università Cattolica di Milano. Sulle pagine del Corriere del Veneto vorrei ricordare che Cordero fu condiscepolo di Alberto Burdese, uno dei protagonisti della Facoltà giuridica dell’università di Padova, tra gli anni Cinquanta e i Duemila. Cordero e Burdese erano infatti allievi del medesimo maestro, Giuseppe Grosso, figura di riferimento dell’università di Torino e sindaco della sua città, poi presidente della Provincia, negli anni del dopoguerra. Partendo da Torino, Cordero nel 1960 approdò alla cattedra di procedura penale della Facoltà giuridica di Trieste (quindi fu alla Cattolica di Milano, dove insegnò anche la filosofia del diritto, e infine a La Sapienza); Burdese
invece aveva iniziato il suo insegnamento a Padova già nel 1954: con Cordero a Trieste e Burdese a Padova, era una porzione della grande Torino della cultura – basti pensare al ruolo che lì ebbe l’editore Einaudi – che arrivava nelle Tre Venezie (allora si diceva così). E si potrebbe almeno aggiungere che alcuni anni prima, tra il 1940 e il 1948, era stato un altro torinese, Norberto Bobbio, a tenere la cattedra di filosofia del diritto a Padova.
In un tempo nel quale meritoriamente Il Corriere della
Sera ha riacceso l’attenzione sulla formazione, in particolare su quella delle future classi dirigenti, la figura di Cordero è lì a ricordarci che in passato le grandi Scuole - in questo caso, partendo da Torino per giungere a Trieste o a Padova – hanno dato un contributo straordinario all’università e, in generale, alla cultura italiana. La tredicesima cattedra rappresenta un ultimo e prezioso frutto di Cordero: piacerà – per usare le parole che l’autore utilizzò in un libro del 1981 per esprimere la sua dedica a Giuseppe Grosso – alla «adunca fantasia speculativa» di coloro che amano perdersi in un labirinto.