Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Le stelle Padua, macchie giganti e super energia
«Macchie» giganti ed eruzioni di energia: la scoperta padovana che vale il nome
Stelle coperte da macchie gigantesche, tremila volte più grandi di quelle del sole. Alcune hanno anche esplosioni di super energie. Si chiamano stelle Padua, dall’ateneo che le ha scoperte.
La prima novità è che le stelle di ramo orizzontale estremo (quelle grandi la metà del Sole, quattro volte più calde e due volte più vecchie) sono coperte da macchie gigantesche, grandi fino a tremila volte in più delle macchie solari. La seconda è che un paio di queste stelle mostrano delle improvvise esplosioni di energia note come «superflare», e che gli scienziati hanno deciso di ribattezzarle «stelle Padua» perché il primo avvistamento è avvenuto il 13 giugno.
A scoprire tutto questo è stato un team di astronomi guidato da Yazan Momany dell’osservatorio Inaf di Padova, che ha monitorato le stelle di tre ammassi globulari con i telescopi dell’european Southern Observatory in Cile. Gli studiosi della Specola hanno notato che le macchie sulle stelle calde sono più luminose e più calde della superficie stellare circostante, al contrario di quelle più oscure e più fredde della superficie solare. Inoltre, le macchie brillanti e calde delle prime sono molto più grandi (fino a un quarto della superficie) e possono resistere anche per decenni, mentre le macchie solari hanno una vita molto più breve, da pochi giorni fino a qualche settimana. La presenza delle macchie potrebbe aiutare gli scienziati a spiegare le anomalie chimiche riscontrate sulle stelle calde, e anche l’origine dei forti campi magnetici osservati in molte nane bianche.
La scoperta più sorprendente è quella che riguarda i superflare, fenomeni simili a eruzioni che indicano una perdita di massa e che possono spiegare la morte prematura delle «stelle Padua»: «Questi eventi sono simili ai bagliori che vediamo nel nostro Sole, ma dieci milioni di volte più energetici - afferma Giampaolo Piotto, docente di Fisica e Astronomia del Bo e co-autore dell’articolo pubblicato su Nature Astronomy -. Tale comportamento non era certo previsto e sottolinea l’importanza dei campi magnetici nello spiegare le proprietà di queste stelle».