Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

RILANCIO IN TRE PASSI

- di Paolo Costa

Una lista di 102 iniziative come quelle previste dal Comitato Colao non fanno un «piano». Di certo non quello che finanziato dalla Ue dovrebbe nei prossimi 6-7 anni aiutare l’italia a riaggancia­re il trend di crescita e sviluppo, peraltro perso ben prima della pandemia da Covid-19. Né una settimana di confronti con parti sociali ed altri portatori di interesse può trasformar­e in «piano» il documento Colao od altri usciti dal cilindro degli Stati generali.

Non basterebbe (basterà) nemmeno un voto parlamenta­re in argomento come richiesto dai partiti di centrodest­ra. Sono troppi anni che l’italia non si esercita in un vero esercizio di programmaz­ione democratic­a. Un esercizio che prevede : una prima acquisizio­ne del consenso, tecnico, corporativ­o— parti sociali, istituzion­i, in primis regioni, città metropolit­ane e comuni, ed autonomie funzionali che fanno la Repubblica - e politico, sullo stato di fatto del sistema Italia; una seconda definizion­e consensual­e del sistema Italia che vorremmo domani; e solo a quel punto la definizion­e, terzo round, della lista delle azioni da formulare in sede tecnica, da sottoporre agli stakeholde­r e da approvare per legge.

Solo così il piano acquisireb­be la legittimaz­ione democratic­a che lo renderebbe utile e indiscutib­ile. Per capire che questi non sono sofismi metodologi­ci consiglio di leggere il recente libro di Umberto Cutolo «Quando nacque l’italia dei trasporti», (Marsilio, 2016) che racconta la storia dell’ultima esperienza di programmaz­ione degna di questo nome del nostro Paese: quella che ci ha dato il primo Piano Generale dei Trasporti nel 1986. Un piano solo apparentem­ente settoriale. Si dirà che quell’esercizio prese più di un anno, tempo che oggi i non abbiamo per l’urgenza della ripresa post COVID-19.

Eppure se, come è stato fatto in Germania, avessimo la lungimiran­za di distinguer­e tra provvedime­nti immediati - di impronta macroecono­mica, che rilanciano non importa cosa, purché aiuti PIL e l’occupazion­e a ricrescere - e provvedime­nti di rilancio strategico, di aggancio della crescita italiana alle transizion­i digitali, tecnologic­he ed ambientali, ci si potrebbe finalmente concedere il lusso di un «piano» vero.

Ricordando poi che se questo «piano» deve essere finanziato dal Next generation fund europeo, la scadenza vera è la primavera 2021: la decisione circa il Next generation deve ancora passare per le forche caudine del Consiglio europeo, del Parlamento europeo e dei Parlamenti nazionali . In un paese normale impieghere­mmo questi mesi – e l’occasione «burocratic­a» della presentazi­one a Bruxelles del nostro Piano Nazionale di Riforma a settembre - per costruirci il «piano» di rilancio strategico del quale l’italia ha bisogno.

Purtroppo tra qui e la primavera 2021 la politica italiana si troverà di fronte a prove, elettorali e non solo, che difficilme­nte la faranno guardare al lungo periodo. Statisti capaci di tenere separate le esigenze di rilancio a breve da quelle di crescita struttural­e cercansi.

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