Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Pensionati in soccorso della Maturità
Padova, trovati tutti i 170 presidenti di commissione. Grazie (anche) ad ex dirigenti
PADOVA È stata una corsa a perdifiato. Gli esami di maturità di quest’anno hanno visto accumularsi un gran numero di difficoltà: la mancanza di presidenti di commissione è l’ultima in ordine di tempo. Alla fine, assicura il provveditore Roberto Natale, sono stati trovati i 170 candidati necessari. «Sono molti quelli che hanno dato la loro disponibilità, soprattutto dirigenti di nuova nomina ma anche due ex presidi in pensione che si sono proposti».
PADOVA È stata una corsa a perdifiato. Gli esami di maturità di quest’anno così particolare hanno visto accumularsi un gran numero di difficoltà: la mancanza di presidenti di commissione, le nuove regole anti-contagio, la polemica se farli in presenza o meno fino ad arrivare alle riforme dei distretti. Fino a ieri mancava un solo presidente di commissione ma il provveditore Roberto Natale ha assicurato che lo avrebbero trovato in giornata. «Ora tutte le commissioni sono formate, anche grazie a due presidi in pensione che si sono messi a disposizione volontariamente – dice Natale –. Fortunatamente, a differenza di altre regioni e città, abbiamo avuto meno difficoltà a trovare i 170 presidenti necessari. Sono molti quelli che hanno dato la loro disponibilità, soprattutto dirigenti di nuova nomina».
Il problema principale per Padova è stato la riforma dei distretti scolastici. Fino all’anno scorso la città ne contava cinque e i presidenti di commissione passavano da uno all’altro (non si può fare il presidente nello stesso distretto per due anni consecutivi). Da quest’anno è entrata in vigore una norma che unisce la città in un solo distretto e quindi la situazione si era bloccata. «Fortunatamente la settimana scorsa il Ministero dell’istruzione ha emanato un’ordinanza con la quale si deroga alla norma, visto il momento storico difficile», spiega Natale.
Maturità salva per i 6834 studenti, quindi, suddivisi in 38 scuole statali e 9 paritarie che da mercoledì prossimo, il 17 giugno, dovranno sostenere l’esame presentando una tesina. L’esame sarà solo orale, in presenza e con diverse regole: l’uso della mascherina, la misurazione della febbre, l’igienizzazione delle mani ma anche della sedia e del banco dopo ogni utilizzo. Le commissioni saranno composte da sei membri interni più il presidente esterno: solo gli interni possono assistere alla discussione a distanza se presentano validi motivi, mentre il presidente è obbligato ad esserci fisicamente. Tutti coloro che entrano a scuola, commissari, studenti e accompagnatori dovranno presentare un’autocertificazione che attesta il buon stato di salute (si può scaricare dal sito del Ministero dell’istruzione). Nonostante le parole del provveditore, sembra che sia stato proprio l’esame in presenza il motivo per cui molti preferivano evitare l’incarico di presidente di commissione. «I nostri insegnanti sono tra i più vecchi d’europa – dice Mara Patella, Cgil –. L’inail ha inviato una comunicazione nella quale si dice che le persone con più di 55 anni devono essere considerate “fragili” e così si elimina dalla platea la gran parte dei docenti. Il carico di lavoro è ingente già in tempi normali, con il coronavirus si è tutto accentuato».
Al pericolo contagio si devono aggiungere anche altri ostacoli. «L’età dei docenti non è di certo bassa quindi la paura del contagio sicuramente c’è – sostiene Giovanni Vascon, Cisl – Ma ci sono anche altri elementi da considerare, per esempio la gestione del voto, diventata complessa, o il timore dei ricorsi che sono sempre più frequenti. E non si è parlato di riconoscimento economico», che in questo caso avrebbe incentivato le candidature.